La chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio è chiamata dai romani in vari modi.
È detta il canneto per l’elevato numero di colonne che si trovano sulla facciata (per l’esattezza sedici grandi e due piccole) che la fanno sembrare un canneto.
È anche detta il Tempio della fama per le due allegorie della fama presenti nel frontone.
Ma soprattutto è conosciuta, secondo la definizione di G. G. Belli, come “un museo de corate e de ciorcelli”, perchè vi sono conservati “li pormoni, er core, er fedigo, la mirza e le bbudella”, cioè i precordi dei papi morti, ossia gli organi interni facilmente decomponibili che venivano asportati durante l’imbalsamazione.
La chiesa è stata parrocchia pontificia e il Quirinale rientrava nella sua giurisdizione. Fu Sisto V, primo papa a morire in questo palazzo, a inaugurare questa usanza che proseguì per tutti i suoi successori e fu abolita da Pio X. I precordi, raccolti in appositi contenitori, sono conservati in una cappella sotto l’altare maggiore fatta costruire da Benedetto XIV.
Due iscrizioni marmoree poste sulle pareti dell’altare maggiore ricordano i pontefici di cui si conservano i precordi e la data della loro morte.
Lasciamo però che sia il Belli a descriverci questa singolare usanza con la sua abituale irriverenza.
San Vincenz'e Ssatanassio a Ttrevi
Tu tte sbajji: nun è in una cappella,
è ppropiamente su a l’artar maggiore.
Li stanno li precòrdichi, Pacchiella,
d’oggni Sommo Pontecife che mmore.
Che mme bburli? te pare poco onore?
Drent’una cchiesa er corpo in barzamella,
e ddrent’un’antra li pormoni, er core,
er fedigo, la mirza e le bbudella!
Morto un Papa, sparato e sprufumato,
l’interiori santissimi in vettina
se conzeggneno in mano der curato.
E llui co li su’ bboni fraticelli
l’alloca in una spece de cantina
ch’è un museo de corate e de ciorcelli.
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