lunedì 21 novembre 2011

“Serata 900”

La Compagnia Imperfect Dancers torna al Teatro Vascello, dal 2 al 6 novembre, con lo spettacolo “Serata 900”, composto da due creazioni in esclusiva per l’Italia: “IAMNOT” del coreografo tedesco Olaf Schmidt, direttore del Teatro Nazionale di Regensburg, e “Istante, di Walter Matteini che, insieme a Paola Catalani, dirige la compagnia. “IAMNOT”, basato sul bestseller “Non lasciarmi” - bellissima e distopica storia d’amore - dello scrittore Kazuho Ishiguro, dal quale è stato tratto l’omonimo film, racconta la storia di Kathy, che insieme ai suoi fratelli vive in un collegio nella sperduta campagna inglese. Nessuno di loro ha mai varcato i confini del collegio finché un giorno scoprono la verità: gli ospiti del collegio sono delle cavie, dei cloni creati in laboratorio e i cui organi saranno utilizzati come pezzi di ricambio.La seconda creazione, “Istante”, è una coreografia ideata da Walter Matteini sulle musiche di Vivaldi, Bach e Haendel. In scena quattro danzatori, tre uomini e una donna, in un’opera in cui ad essere protagonista è la fragilità umana e i ballerini sono “anime che si incontrano per un intenso attimo in cui si risvegliano sentimenti condivisi”, nelle parole dello stesso Matteini. La coreografia, presentata lo scorso anno al Theaterhaus di Stoccarda, debutta in prima nazionale al Teatro Vascello. Lo spettacolo è bello, ben fatto, costruito su una linea emotiva precisa e penetrante. Sembra quasi che ogni emozione che lo spettacolo si propone di suscitare, venga stimolata attraverso pulsioni di segno opposto. In “Istante”, la riflessione sull’uomo, sulla su fragilità, la solitudine, è ispirata da movimenti in coppia energici, un continuo contatto di corpi elastici, eppure basta un passo, una sequenza, una linea sporca per suggerire un sentimento complesso e in qualche modo antitetico come la fragilità emotiva, o il distacco. Sono bravi e intensi questi “imperfetti danzatori”. Concentrati, pregni di energia ben controllata. La Imperfect Dancers Company negli ultimi anni è riuscita ad imporsi sulla scena internazionale grazie alla bravura dei suoi otto danzatori e alla qualità degli spettacoli proposti. La compagnia, reduce dal successo lo scorso luglio di “Adrenaline”, spettacolo presentato in anteprima mondiale proprio al Teatro Vascello, si prepara adesso ad un lungo peregrinare. La compagnia sarà al Vascello fino al 6 novembre, poi volerà a Regensburg per presentare la loro nuova creazione, “Thinking outside the box”, quindi approderà a Zanzibar con uno spettacolo composto da due coreografie: “City of noise” e “Too much silence”. A dicembre saranno a Washington e a febbraio torneranno in Europa, al festival di Groningen (Olanda). Ovviamente, dopo un tanto vorticare per terre e per mari, speriamo di rivedere presto cotanta incantevole imperfezione in Italia.

La compagnia del Teatro “Teresa Carreño"

C’era grande attesa al Teatro Vascello, che ha fatto da cornice ad un evento unico: lo spettacolo della compagnia di ballo del Teatro “Teresa Carreño”, uno dei complessi culturali più importanti dell’America Latina ed il più celebre del Venezuela. Lo spettacolo è suddiviso in sette balletti che si sono elegantemente susseguiti, concedendo a tutti i presenti piacere per la vista e per l’udito. Il primo balletto è stato “Texturas”, caratterizzato da movimenti sinuosi e atmosfere sobrie, con un girotondo finale che va ad esaltare il crogiolo di razze ed etnie. A seguire le note di Puccini accompagnano “Passion”, passo a due contraddistinto da un crescendo di emozioni che esprimono la passione in ogni sua forma e con tutti i suoi risvolti. Rimanendo in tema di passioni amorose arriviamo alla terza (famosissima) esibizione: “Romeo e Giulietta” che, in un’esplosione di pathos, esprime la forza dell’amore che travolse i più celebri amanti della letteratura shakespeariana. I ballerini, abili a interpretare i loro ruoli anche grazie ad una potente espressività facciale, esaltano il trionfo dell’amore trasognato e struggente. Il richiamo all’impeto amoroso è forte anche in “Espartaco”, l’opera più importante del realismo sovietico. L’esibizione esprime il dolore della separazione tra Spartaco e la moglie Frigia, che in un’escalation di disperazione sembra quasi arrendersi alla sofferenza di perdere il suo uomo, accasciandosi tra le sue braccia per un ultimo straziante saluto. Atmosfere più cupe accompagnano, invece, “ Punto de quiebre”, dove un gruppo di donne interpreta la forza che deriva dalla femminilità stessa, con coreografie molto dinamiche ed piene di tensione. Dopo una breve pausa è la volta di “Herencias”, una coreografia di danza contemporanea che racconta l’incontro tra il Vecchio ed il Nuovo mondo e la loro conciliazione finale in un epilogo totalmente imprevisto. “Guaraira repano” è la degna conclusione di uno spettacolo caratterizzato da coreografie intense e da una forte espressività dei suoi interpreti, impeccabili nella sincronizzazione di ogni movimento e stato d’animo. La chiusura è così un omaggio a Caracas, ai suoi colori, alla sua allegria malcelata, alla sensualità delle sue donne. La compagnia del Teatro “Teresa Carreño”, a lungo applaudita dal pubblico presente al Teatro Vascello, farà tappa anche a Venezia, Bari e Lecce per uno spettacolo che coinvolgerà anche gli spettatori più diffidenti grazie al talento dei suoi interpreti e all’intensità delle sue coreografie.

TANGO NUDO

Il tango non è un ballo. Il tango è un modo di sentire, di muoversi. Il tango è sinonimo di passione, intensità. È un’intima comunicazione tra i corpi, fatta di respiri, palpitazioni, emozioni. È la rappresentazione di una terra, espressione popolare inscindibile dal luogo in cui è nato. Il tango è anche un ballo. Indimenticabile Gardel, con la sua “Por una cabeza”, colonna sonora di alcune memorabili scene del cinema: il meraviglioso Al Pacino in “Scent of a woman”o “Shlinder’s List”.La compagnia Khorakhanè - espressione Rom che vuol dire “a forza di essere vento” ma che è anche una bellissima canzone di De Andrè - porta in scena al Teatro Vascello di Roma, il 29 e 30 ottobre, la sua personale visione del tango nello spettacolo “Tango Nudo. Partenza dal binario 3”. Le coreografie di Luciano Firi, sulle musiche di Kutango, Gardel, Astor Piazzolla, Gotan Project e Tanghetto, attraversano i temi della passione, del desiderio, dell’eros, della partenza, della paura dell’ignoto. I quadri che compongono lo spettacolo fanno riferimento agli anni ‘40, ai viaggi della speranza verso l’Argentina, alle incognite, agli entusiasmi e alle paure. “Tango nudo”, che non ha alcun riferimento alle nudità, più o meno auspicabili, dei ballerini, è un tango spogliato dagli orpelli folkloristici, dai cliché, dai topos del tango argentino, mantenendo la passionalità e l’intensità del ballo. La volontà di denudare il tango dalle sue caratteristiche più stereotipate si spinge fino alla rimodulazione del rapporto tra uomo e donna e a un (voluto) squilibrio tra i ruoli. Ad una figura femminile estremamente appassionata, seducente, carica di pathos, si accompagna un maschio depredato del suo lato più aggressivo, mascolino, virile. Sono le donne le protagoniste qui, fuor di dubbio, solide e provocanti, civettuole e maliziose, che danno vita ai sogni e all’immaginazione, perché non è la realtà che lo spettacolo mette in scena, ma un viaggio onirico, semicosciente, verso l’interno. I ruoli, dicevamo, sembrano essere sempre meno definiti, sempre più sfumati. L’uomo che schiaffeggia la donna e la riprende a sé con forza lascia presto il posto ad un uomo meno sicuro di fronte alle movenze femminili. I corpi danzano, si sfiorano, si cercano e rifuggono. Si parte, ci si incrocia vagamente dopo aver condiviso un abbraccio appassionato. Due uomini, prima si cercano freneticamente, esprimono il loro desiderio con il contatto, con gli sguardi, con braccia che tagliano, delineano, riempiono l’aria. Gli stessi uomini che poco dopo si contendono una donna, l’idea di una donna che poi scompare. E ancora la stessa donna, che sinuosa cerca un’altra donna, la afferra, poi si ritrae, la bacia. E ritornano le valige, gli incroci di vite, le attese sulle panchine. Aspettando la partenza, dal binario 3.

NOT MADE FOR FLYING

Originale. Divertente. Brillante. Partiamo dal primo aggettivo. Ci si può aspettare molte cose andando ad assistere ad uno spettacolo di danza: è un'arte così varia e ricca che si nutre continuamente di versatilità. Certo, non ci si aspetta di vedere sul palco buona parte dei nostri supereroi. Avete capito bene. Da Batman a Zorro passando per Cat Woman. Nelle loro celebri “uniformi” sono lì, dove non avreste mai pensato di vederli. Si rincorrono, giocano, si parlano e si raccontano. Tutto danzando. Coreografie moderne che disegnano contorni di vita. Giochi di specchi e giochi di bambini. Braccia, mani e gambe che creano illusioni suggestive, tenere, ma anche comiche. Fanno l'amore. Bisogna seguirli quei corpi, raccontano metà della storia, buona parte di una generazione. Secondo aggettivo: divertente. Impariamo a conoscerli piano questi ragazzi, ben nascosti dietro le loro maschere. Ad uno ad uno. La musica si ferma e ad ogni pausa scopriamo un particolare di ciascuno. La danza li accomuna. Raccontano i buffi inizi di ciascuno: c'è chi ha iniziato costretto da una bambina molto più audace di lui a muovere i primi passi a tempo di musica; chi ha capito da subito che quella sarebbe stata la sua strada; chi si è innamorato dell'energia che trasmette la danza ad una festa di paese. Chi a capito che danzare sarebbe stato l'unico modo per sopperire al fatto che gli uomini, no: gli uomini non possono volare. Esilaranti spaccati d'infanzia. Divertenti caricature di “tipi” umani che, se la storia vuole siano tipici dei trascorsi anni '80, non sono poi molto diversi dai tipi umani di oggi. Passano gli anni ma noi siamo noi, con i nostri difetti, i nostri sogni, passioni e paure. Ridendo dall'inizio alla fine scoprirete quanto siano persino “ridicoli” gli sforzi che facciamo pur di catturare quel futuro che ci auguriamo si avveri. Brillante, terzo aggettivo. Che ci fanno dei supereroi su un palcoscenico di uno spettacolo di danza? Cosa raccontano le loro ironiche avventure declamate, cantate e ballate, con quello slang che racchiude la metafora del teatro come punto di incontro fra mondi diversi e distanti? Ebbene, raccontano che le maschere a volte proteggono, a volte marcano il desiderio di distanziarsi da un mondo che sembra così piatto e omologato. A volte, però, vanno tolte. L'unicità si paga al prezzo della vulnerabilità. Solo “scoperti” saremo unici: unicamente noi stessi. Una strada in salita, un'identità che si costruisce a fatica. “Not Made for Flying”, spettacolo della compagnia Deja Donne e Enknap Group, con le coreografie di Simone Sandroni, racconta tutto questo. Con il sorriso come punto di partenza e punto d'arrivo. Scorre veloce questo spettacolo, diverte e stupisce. Incredibile l'energia degli interpreti che riescono straordinariamente a dare forma alle coreografie inedite di Simone Sandroni e recitare allo stesso tempo, con un fiato invidiabile e senza perdere il tempo di una battuta. Il Teatro Vascello ancora una volta si fa promotore delle iniziative tra le più originali ed inedite del panorama artistico, dando spazio a nuovi progetti e personalità emergenti. Le proposte sono tante e valide. Dal 19 al 23 ottobre andrà in scena uno spettacolo della MDA Produzioni Danza incentrato sull'epica figura di Cassandra, profetessa scongiurata narrata dai celebri canti di Omero, Eschilo e molti grandi ancora. “Cassandra o del Tempo Divorato” narra le inquietudini che provengono non dalla tragedia, ma dall'incapacità di comunicare e il senso di impotenza che sta nel silenzio delle parole non ascoltate. “Tango nudo”, in scena il 29 e 30 ottobre, è la messa in scena delle passioni che accompagnano la nostra esistenza. Il corpo e la danza in un percorso che mostra la potenza degli istinti e dell'essere. Richiami alla tradizione coreografica anni '40 per presentare un tango privo delle classiche composizioni ma puro nell'espressione. Questi solo gli imperdibili appuntamenti d'ottobre della Danza al Teatro Vascello. La stagione continua sempre più ricca di novità. Spettacoli in musica straordinari a novembre e dicembre. Il cartellone offre “Serata Novecento” (“Pulcinella” Coreografie di Olaf Schmidt, “Istante”, coreografia Walter Matteini), “Liasons” (progetto artistico Ricky Bonavita e Theodor Rawyler con la coreografia e regia di Ricky Bonavita), “Fino all'ultima goccia” (coreografia e regia Rachele Caputo), “Cento Cose” (ideazione, regia e coreografia Mario Coccetti) e, per finire, “Lei e Tancredi” (coreografia e drammaturgia Loredana Parrella). L'offerta non termina con la danza in scena. Teatro, opera, spettacoli per i più piccoli e festival rendono la stagione 2011-2012 del Teatro Vascello particolarmente accattivante. Un invito a teatro per una cultura che crede nel valore dell'arte e dell'espressione in ogni sua forma e si impegna a preservarla.

Dr. Jekyll & Mr. Hyde

Riapre la stagione al teatro Eliseo, e lo fa in grande: dal 18 ottobre al 13 novembre andrà in scena, con la regia di Giancarlo Sepe, “Dr. Jekyll & Mr. Hyde”, interpretato da Alessandro Benvenuti, Rosalinda Celentano e la partecipazione straordinaria delle gemelle Alice & Ellen Kessler. Lo spettacolo è stato ideato dallo stesso regista, il quale si è ispirato liberamente al celebre romanzo di Robert Louis Stevenson concentrandosi sul tema del doppio, dell’affascinante binomio tra bene e male. “Due anime dimorano nei nostri petti”. Questo è il teorema che secondo Sepe ha attraversato i tempi storici ed è stato fonte d’ispirazione per poeti e scrittori: il contrasto tra bene e male si riflette nella scelta di accostare colori e segni diversi tra loro, scenografie dai toni noir che ricordano i fumetti di Frank Miller e al contempo luci coloratissime da cabaret. Una duplicità d’intenti dunque, che se da un lato attrae lo spettatore con la trasposizione teatrale della lotta dell’io umano con il suo doppio, dall’altro lo intrattiene con l’allegria del cabaret. Comprendere la sinossi dello spettacolo non è facile: il regista non si è espresso molto a riguardo, e i personaggi non hanno una caratterizzazione ben precisa: in poche parole, non esiste un Dr. Jekyll e un Mr.Hyde fisso. L’avvocato Utterson, amico del protagonista e interpretato da Alessandro Benvenuti, cercherà di ripetere l’esperimento di sdoppiamento e trasformazione di Jekyll, senza successo; Rosalinda Celentano sarà Ritz, considerata da Sepe “probabilmente il vero Hyde di tutta la vicenda”; le Kessler, abbandonati i panni del Dadaumpa (“non abbiamo più l’età per queste cose!” hanno dichiarato ironicamente a riguardo) vestiranno quelli del doppio stesso, senza nomi e senza ruoli ben specifici. Insieme ad altri 15 interpreti, gli attori reciteranno, balleranno e canteranno sulle note di canzoni contemporanee riarrangiate per lo spettacolo, da Lou Reed a Amy Winehouse, da un giovane gruppo tedesco dal nome impronunciabile alla “Din Don song” di Gunther. Lo spettacolo, organizzato in un atto unico della durata di un’ora e 35 minuti, andrà successivamente in tournèe per due mesi e mezzo nelle città italiane di Torino, Catanzaro, Catania, Bari, Messina, e dalla prossima stagione probabilmente al teatro Manzoni di Milano. Un grande ritorno quello di Giancarlo Sepe, ma soprattutto quello di Alice ed Ellen Kessler, che tornano all’Eliseo dopo esattamente 30 anni dal “Kabarett” di Giuseppe Patroni Griffi, in un periodo come questo dove, nonostante la crisi, l’Eliseo ha visto il 12% in più degli abbonamenti: che sia un buon auspicio per la nuova stagione?

LA PEGGIOR SETTIMANA DELLA MIA VITA

Paolo (Fabio De Luigi) è un uomo realizzato nel lavoro e nella vita; da quando ha incontrato la sua bellissima Margherita (Cristiana Capotondi) ha capito che è la donna della sua vita e, come ogni uomo che si rispetti, intende sposarla. A complicargli le cose, ad una settimana dalle nozze, interviene la famiglia di lei, da sempre poco propensa a quest’unione e che non perde occasione per metterlo in difficoltà. L’imbranato Paolo, dal canto suo, non fa che combinare disastri nella casa dei futuri suoceri (Monica Guerritore ed Antonio Catania), trovandosi a dar vita a delle gag esilaranti che metteranno a forte rischio lo svolgimento stesso del matrimonio e che susciteranno nel pubblico sincere risate. A complicargli le cose ci pensa anche l’amico/testimone Ivano (Alessandro Siani), un vero e proprio guastafeste dall’irriverente verve partenopea, che non perde mai l’opportunità per cacciare nei guai lo sfortunato protagonista. Come se non bastasse, la prorompente Simona (interpretata dalla toscana Chiara Francini) rivendica il suo amore per Paolo, improvvisandosi nel ruolo di una simpatica stalker. Fabio De Luigi appare molto a suo agio nel ruolo del fidanzato imbranato e diverte molto nelle sue scene con lo spumeggiante Siani, reduce dal successo di “Benvenuti al Sud”. Durante la conferenza stampa tutti gli attori hanno sottolineato la forte sintonia che si è creata fin da subito e che ha fatto sì che sul set regnasse sempre un clima goliardico e divertente, adatto allo standard del film. Esilarante l’interpretazione di Antonio Catania, perfetto nel ruolo dell’irremovibile padre della sposa (Robert De Niro docet), e di Monica Guerritore, che per la prima volta si misura (e con successo) in un ruolo comico, palesando il suo piacere ed il suo divertimento per aver vissuto quest’avventura cinematografica così diversa da quelle precedenti. Se il film è ricco di rimandi all’umorismo americano (è basato sulla serie americana della BBC “The worst week of my life”), come confermano anche il regista e gli attori, non mancano i connotati sentimentali tipici della commedia all’italiana; infatti, come sottolinea Cristiana Capotondi: “Si tratta di un film che fa ridere ma con chiari riferimenti romantici”. Anche l’aspetto musicale non rimane in secondo piano: il cast, infatti, comprende Andrea Mingardi, nel ruolo del padre di De Luigi, e Arisa, che interpreta la sua giovane compagna e che inoltre canta la colonna sonora del film (“L’amor sei tu”). Per quanto riguarda un possibile sequel il produttore Maurizio Totti ed il regista Alessandro Genovesi non si sbilanciano, facendo capire di voler attendere prima il riscontro del pubblico. Il dubbio che rimane aperto è: riuscirà il nostro eroe a sposare finalmente la sua amata, contro tutto e tutti? La risposta la trovate al cinema, dal 28 ottobre.

domenica 20 novembre 2011

JOHNNY ENGLISH

Dopo otto anni torna sui grandi schermi l’amatissimo Johnny English, l’agente segreto interpretato da Rowan Atkinson, aka Mister Bean. Rowan Atkinson torna in Italia, a Roma, per presentare la sua ultima pellicola, “Johnny English - La rinascita”, per la regia di Oliver Parker. Ad affiancarlo, attori importanti come Rosamund Pike e Dominic West. Il film si svolge otto anni dopo il precedente capitolo. Dopo la sua ultima missione in Mozambico, conclusasi in un clamoroso disastro, l'agente segreto Sir Johnny English ha lasciato l'MI7, e per cinque lunghi anni si è rifugiato in Tibet, dove ha vissuto come un eremita, nascondendosi per la vergogna e l'umiliazione. L’agente segreto viene chiamato a salvare il mondo da un complotto di vaste proporzioni organizzato da tre ex spie, una delle quali appartenente proprio all’intelligence inglese. Il loro scopo è quello di impossessarsi di una pericolosissima arma in grado di controllare le menti degli esseri umani, grazie alla quale poter uccidere il premier cinese e tenere sotto scacco il mondo. Toccherà ad English sventare il piano dei tre figuri e riscattare la propria immagine. Il cast è ricco e di tutto rispetto. Oltre ai già citati Rosamund Pike e Dominic West, ci fa felici il ritorno di Gillian Anderson - l’indimenticabile Scully di X-files – che interpreta il nuovo capo dell'MI7. Durante la conferenza stampa per la presentazione del film alla Casa del Cinema di Villa Borghese, Atkinson è disponibile e pronto, risponde con grande simpatia alle domande, senza lesinare opinioni e commenti anche quando si pone l’accento sul ruolo della commedia, come genere, in un periodo di crisi come questo: “Fino adesso il film è andato bene. In ogni caso sono convinto che i film comici possano essere un antidoto alle difficoltà giornaliere. L'ultima voce alla quale si rinuncia, anche in un momento di crisi economica come questo, è il divertimento. Non posso dire che la mia unica missione di vita sia quella di rendere felici le persone, ma sarei soddisfatto se sapessi di aver regalato qualche sorriso in più”. O sulla differenza tra la maggior parte dei film di spionaggio comici e Johnny English, personaggio fallibile e umanissimo: “Quando ho costruito il personaggio di Johnny English la cosa che mi interessava di più era che fosse credibile, naturalmente più credibile di un modello come James Bond. Johnny invece è più umano. Lui non pensa di essere totalmente incapace, anzi si giudica un ottimo agente segreto. È una spia non perché gli viene naturale, ma deve provarci. In questo secondo film credo che il personaggio sia più tridimensionale, più reale. Ci si può identificare con lui perché è uomo normale. Nel nuovo film abbiamo cercato di dare un maggiore senso di realtà, è più un thriller comico, abbiamo ideato una storia di maggior interesse piuttosto che puntare solo sull’attesa della battuta successiva”.Infatti, pur essendo girato alla maniera dei film di 007, Johnny English non è una parodia. Una delle carte vincenti è stato il creare un film di spionaggio vero, in cui lo spettatore possa interessarsi alla trama. Per l’attore questo sequel, nonostante abbia molti punti in comune con il primo capitolo, è di gran lunga migliore. English ha maggiori sfumature, continua ad essere goffo, pieno di difetti, impacciato, ma in realtà è un ottimo agente. È infatti coraggioso e caparbio, non si ferma davanti a nulla finché non ha portato a termine la sua missione. Non si arrende mai e forse per questo è così amato dal pubblico.Attore poliedrico e generoso - come ci tengono a sottolineare gli attori che hanno lavorato con lui - in una prima versione del film Atkinson avrebbe dovuto interpretare sia Johnny English che un suo cugino cattivo. “Ma io sono riluttante ad interpretare due ruoli nello stesso film. A differenza di Mike Myers non credo che sarei in grado di farlo. Volevamo rappresentare una storia credibile e con un attore a rivestire due ruoli mi sarebbe sembrato quasi un tradimento. Io cerco di evitare di dimostrare la mia versatilità”. Atkinson non nasconde la sua passione per le auto (passione che gli è quasi costata la vita in più di un’occasione), quando si parla del “giocattolo” presente nel film: una sedia a rotelle modificata, sulla quale si è lanciato a 60 km/h. “Per quanto riguarda la scena in fuga sulla carrozzella, c’è sempre bisogno di inseguimenti nei film di spie. È stato straordinario scorrazzare con quella carrozzella, è un vero giocattolo. Abbiamo usato un motore da go-kart per farla arrivare a 60 Km all’ora. Quando la carrozzella va ad alta velocità sono stato proprio io a girare la scena”. E sembra di cogliere un lampo di malcelato entusiasmo quando si parla della Rolls Royce utilizzata nel film:“Volevo che Johnny impiegasse una macchina inglese diversa dal solito. L'Aston Martin era stata troppo sfruttata e mi sembrava un vero cliché così ho spostato l'attenzione sulla Rolls. Sapevo che c'era un modello nuovo a disposizione con un motore V16 e dopo la nostra richiesta l'hanno messa a nostra disposizione”. Anche se in Italia uscirà solo il 28 ottobre, “Johnny English – La Rinascita” ha già fatto il suo esordio in 32 mercati, incassando oltre 60 milioni di dollari. Il migliore risultato di incassi, ovviamente, è arrivato dall’Inghilterra, con quasi 8 milioni di dollari incassati in nel fine settimana. Si tratta di un record per Atkinson, che non aveva mai esordito su suolo inglese con cifre simili. L’obiettivo a questo punto sono i 250 milioni. Il primo capitolo, uscito nel 2003, si fermò a quota 160, mentre l’ultimo Bean, del 2007, arrivò ai 229. Vedremo se Johnny English riuscirà a battere il suo alter ego di celluloide.

RICCARDO III

Si conclude con un grande Riccardo III la stagione 2011 del Globe Theatre, a Villa Borghese. L'opera, nel titolo originale “The Life and Death of King Richard III, Vita e morte di re Riccardo III” è l'ultima di quattro opere teatrali nella tetralogia minore di William Shakespeare sulla storia inglese: conclude un racconto drammatico cominciato con Enrico VI, parte 1 e continuato con Enrico VI, parte 2 e Enrico VI, parte 3. Dopo Amleto, questa è sicuramente l'opera teatrale più lunga e impegnativa di Shakespeare.Mettere in scena un’opera così complessa e drammatica non è certo una cosa semplice. Il regista, Marco Carniti, racconta le difficoltà nell'affrontare quest'opera: “È come entrare in un intricato labirinto di relazioni che passano dal politico al personale e che come spettatore ti lasciano completamente stordito e anche un po' perduto”. Proprio per questo Riccardo III è un personaggio assoluto, similare per tenacia a un eroe negativo della tragedia greca, “che mette completamente in gioco l'anima per raggiungere i suoi obiettivi, come un Don Giovanni che ha già venduto la sua anima al diavolo e che ora ne vuole assumere addirittura le forme”. Personaggio forse tra i più negativi dell'opera di Shakespeare, Riccardo è ben interpretato da Maurizio Donadoni, che in scena deve muoversi seguendo la non facile postura di un uomo deforme, gobbo, con una protesi di metallo ad un braccio e ad una gamba. L'eroe gioca con ironia sarcastica con se stesso e con il destino degli altri, “proprio come un attore sul palcoscenico del mondo che mette la sua esistenza sempre al limite dell'umano”, continua Carniti; “camminando come sulla lama di un coltello e sempre in equilibrio tra la vita e la morte”. Ogni sua azione malvagia è spinta dalla bramosia di potere, dal desiderio smodato di ottenere la corona: nel suo intento egli assassina chiunque si frapponga nella scalata al potere, inclusi il giovane principe, Lord Hastings, il suo precedente alleato Buckingham, e addirittura sua moglie. Il lato oscuro di Riccardo peggiora sempre più dopo l'incoronazione, trovandosi sempre più solo e pieno di insicurezze (confesserà a se stesso: "Sono così corroso dal sangue, che peccato richiamerà peccato"). Ovviamente tutti questi crimini non passano inosservati, e quando Riccardo perde ogni tipo di appoggio, egli si trova ad affrontare senza più alleati il conte di Richmond, Enrico VII d'Inghilterra, nella battaglia di Bosworth Field. Prima della battaglia, Riccardo riceve la visita dei fantasmi delle persone che ha ucciso, i quali gli gridano contro: “Dispera e muori”!! in uno dei momenti sicuramente di più alto pathos interpretativo. Riccardo, in battaglia, ora è solo, è un uomo abbandonato da tutti, perfino da Gesù al quale rivolge le sue preghiere supplichevoli, ma senza ottenere la grazia sperata: viene quindi sconfitto in seguito ad un combattimento corpo a corpo con Richmond, che lo trafigge con la spada. Il regista ha voluto limitare la scenografia ad un'unica passerella rossa, sorretta da corde e catene, come se fosse la visuale attraverso un obiettivo fotografico, come se fosse un “un trampolino sulla vita, una strada a senso unico che con un movimento perpetuo, proietta Riccardo e le sue vittime a compiere il salto nel vuoto”.

MAMMA MIA

Arriva finalmente a Roma, dopo il successo milanese, MAMMA MIA!, il musical prodotto da Stage Italia, in scena al teatro Brancaccio dal 13 ottobre. La storia è conosciuta ai più grazie al film campione di incassi con Meryl Streep, Amanda Seyfried, Pierce Brosnan, Colin Firth e Stellan Skarsgard, ma non tutti sanno che il musical diventa un film solo nel 2008, mentre lo spettacolo debutta nel West End di Londra il 6 aprile del 1999, per poi sbarcare finalmente a Broadway nell’ottobre del 2001 e a Las Vegas nel 2003. La commedia è ambientata in un’isola greca. Sophie, la figlia ventenne di Donna, sta per sposare Sky, e il suo sogno è di essere accompagnata all’altare dal padre, che però non conosce. Dopo aver letto sul diario di Donna che i potenziali padri sono tre, decide di invitarli sull’isola all’insaputa della madre per scoprire chi sia quello vero. MAMMA MIA! è diventato un successo mondiale che ha registrato numeri da record: 45 milioni di spettatori, 2 miliardi di dollari di incasso, ospitato in più di 270 città, tradotto in decine di lingue, mandarino compreso. Un enorme successo che riesce a catturare un pubblico decisamente trasversale, grazie soprattutto alle trascinanti canzoni degli ABBA, amatissime in tutto il mondo, ad una storia emozionante, allegra, divertente, e a produzioni di grande qualità.Nella produzione italiana, ad interpretare Donna, la Meryl Streep del film, troviamo Chiara Noschese. Agli inevitabili confronti con la Streep la Noschese risponde: “Lei è un mito, non ci si può paragonare ad un mito. Ho visto il film, certo, ma nel personaggio ho messo molto del mio bagaglio culturale, di vita, nonostante io non sia una madre come Donna. E comunque, Meryl Streep ha vent’anni più di me!”. Scherza la Noschese, si emoziona un po’, come la giovane Elisa Lombardi, che interpreta Sophie, la figlia di Donna. Insieme a loro sul palco Lisa Angelillo e Giada Lorusso, rispettivamente Tanya e Rosie, le due storiche amiche di Donna; Michele Carfora, Roberto Andrioli e Gipeto, ad interpretare i tre padri; e Giuseppe Verzicco nel ruolo di Sky, il fidanzato di Sophie. Le traduzione dei brani degli ABBA è stata affidata a Stefano D’Orazio. “È stato un grande onore mettere le mani su questi brani di mostri sacri. Sono brani della mia gioventù, ma devo dire che allora non capivo quanta ironia ci fosse in quei testi”. A Milano lo spettacolo è stato un grande successo, con più di 200.000 spettatori in sei mesi e mezzo e il primo posto nella classifica ufficiale degli spettacoli in Italia.Insomma, gli elementi per replicare il successo milanese ci sono tutti. A cominciare dal rinnovato - nel corpo e nell’anima - teatro Brancaccio e, nelle parole di Barbara Salabè, amministratore delegato di Stage Italia, “il pubblico romano, che ha dimostrato una grande risposta alla qualità”.

C'ERA UNA VOLTA UN RE

Chi di noi “femminucce” non ha mai avuto il diario dei tempi del liceo, dove annotava non certo i compiti da fare ma tutto ciò che succedeva tra i banchi di scuola, dalle interrogazioni mancate alle prime emozioni, i primi batticuori e le prime delusioni amorose?? Ebbene, è quello che faceva Crisa, (Francesca Nunzi) una delle protagoniste della commedia “C’era una volta un re…”, di Giovanna Chiarilli. Lei aveva il suo prezioso diario, dove ogni pagina era piena di cuoricini, frasi di canzoni e commenti di ogni tipo delle sue amiche storiche. E casualmente ritrova questo diario “segreto” dopo quasi vent’anni; allora decide di passare una serata diversa con le sue amiche, di buttarsi con loro in un valzer di ricordi, di dimenticare per un attimo il presente, con i problemi di tutti i giorni della vita quotidiana: chi vive ancora con mamma e papà e non ha il coraggio di uscire di casa per viversi liberamente la sua relazione, chi ha tre mariti e tre figli in età adolescenziale difficili da gestire, chi ancora non ha risolto i problemi familiari e ancora non ha trovato l’uomo giusto con cui invecchiare…. Insomma, per una sera tornare alla spensieratezza dei banchi di scuola, dei primi flirt, del concerto di Renato Zero vissuto come la più grande emozione della propria giovane vita, un modo come un altro per rievocare quelli che per tutti, forse, sono stati “i migliori anni della nostra vita”, se non altro per la spensieratezza con la quale erano vissuti.Così, pagina dopo pagina la lettura va avanti, e dopo un inizio scanzonato, dove ognuna delle giovani donne può prendere in giro l’altra su cosa aveva scritto, rivivendo insieme situazioni dimenticate, ognuna dal proprio punto di vista, ognuna secondo il proprio personale ricordo su quell’emozione adolescenziale, provata magari per un primo bacio, le donne si trovano a fare un tuffo nel passato, dove pian piano il tono della serata sembra prendere un’altra piega, raccontando ciascuna i propri fallimenti e le proprie delusioni, sveleranno tradimenti e verità tenute nascoste, tra rimpianti e speranze, dove non può non riaffiorare la memoria triste di Flaminia, morta così giovane quando era pronta a combattere per i suoi ideali, quando soprattutto pensava di avere tutta la vita davanti. La lettura di quelle pagine, e soprattutto la scoperta del reale motivo per cui le amiche erano state chiamate da Crisa, rappresenta finalmente il vero passaggio all’età adulta, ed ognuna di loro troverà, da quell’espediente, un motivo più che valido per dare una sterzata alla propria esistenza. Sul palco del Teatro Sette di Roma, oltre alla già citata Francesca Nunzi, ci sono Cinzia Berni, Betty Senatore, Rossana Bellizzi e la giovane Vittoria Donat-Cattin.

ODYSSEUS

Mettere mano su un grande classico come l’Odissea e farne un balletto è davvero un esperimento rischioso! E devo dire che l’esperimento è sicuramente ben riuscito, grazie alla mente artistica di Renato Greco e Maria Tersa Dal Medico. “Odysseus Dance Opera”, già un successo delle passate stagioni del Teatro Greco, verrà riportato in scena in un sito unico per la sua bellezza e il suo valore storico, il Foro di Traiano, nel cuore della Roma antica, sullo sfondo dei Mercati Traianei nella Via Alessandrina. Ancora una volta sul palco come primi ballerini Franco Favaro, nel ruolo di Ulisse e Federica Fazioli in quello di Penelope, affiatatissima coppia della danza, che primeggia sempre per eleganza e perfezione tecnica. Insieme a loro sulla scena attori, cantanti e danzatori che danno corpo e voce ai molteplici personaggi dell’Odissea: Telemaco, Achille, Calipso, Circe, Nausicaa e Anticlea, che ci accompagnano in questo viaggio fantastico popolato da Sirene, Ancelle, Guerrieri, Ciclopi e mangiatori di Loto, che danzando e cantando animano imponenti scene corali e coreografie di grande impatto visivo. Molto belli e suggestivi i vari “quadri” del racconto, intervallati dalla voce fuori campo del narratore, che parla con le parole di Omero stesso. Si narra della caduta di Troia, con tanto di cavallo di grandi dimensioni davvero suggestivo, dell’arrivo di Ulisse nella terra dei Feaci, dove ad accogliere il naufrago è la bella principessa Nausicaa con le sue ancelle e suo padre, il re Alcinoo, alla fuga sull’isola popolata dal ciclope Polifemo, alle peripezie dei fuggitivi che si prodigano per non cadere nella trappola delle Sirene, che cercano di ammaliare Ulisse e i suoi con il loro soave canto, al racconto della povera Penelope che cerca di resistere alla corte dei Proci, tessendo la famosa tela nell’attesa che ritorni il suo sposo in patria, fino al ricongiungimento dei due con il loro figlio Telemaco. Il sottotitolo dell’opera, Il Mito, il Viaggio, la Passione, rievoca i tre elementi-cardine di questa Dance Opera: il Mito di un uomo che sceglie di essere mortale e che rischia la vita lottando contro il volere degli Dei pur di ritornare in patria; il Viaggio attraverso mille avversità alla continua ricerca dei confini, con le paure e le debolezze di un uomo ma anche con la fierezza e la genialità di un vero eroe; la Passione travolgente di un grande amore in grado di superare qualsiasi ostacolo.

PROFUMO D'AFRICA A VILLA MEDICI

Non è stata una cosa che si vede tutti i giorni. Niente posti a sedere per gli ospiti di Villa Medici nella sera del 15 settembre. La musica, fatta a volte di gesti, di colpi che i ballerini stessi si davano sul corpo, si propagava per tutta la villa. Un' atmosfera davvero particolare, un percorso tracciato in mezzo ai sentieri e i ballerini che andavano un po' “cercati” e che a volte spuntavano in mezzo alla folla che neanche te ne accorgevi. Giovedì sera, il complesso architettonico situato sulla collina del Pincio accanto a Trinità dei Monti, ha aperto i suoi cancelli e messo a disposizione i suoi giardini: ospiti otto ballerini e coreografi provenienti dal continente africano, impegnati nel progetto “La danza africana contemporanea a Villa Medici”, che vuole essere prima di tutto un omaggio allo sviluppo che ha conosciuto questo genere nell'ultimo decennio. Il programma è partito il 5 settembre, quando il gruppo di artisti, già noti in Africa da nord a sud ma poco conosciuti in Europa, si sono riuniti per lavorare insieme, riflettere e confrontarsi sulla creazione coreografica durante i dieci giorni di convivenza nella prestigiosa villa. I frutti di tale riflessione sono stati poi mostrati al pubblico in una performance “site specific” giovedì scorso, ultimo giorno nella residenza: durante un percorso pensato per il piazzale del giardino di Villa Medici, la creazione porterà il pubblico a scoprire spettacoli sia individuali che collettivi. L' atmosfera è davvero suggestiva, l'antica bellezza della villa fa da contrasto al genere ballato: i danzatori indossano blu jeans e camicie, i movimenti sono tra il tribale e il contemporaneo. Quando la musica si spegne sono la simbologia e il contatto con il corpo a dare spettacolo, i ballerini danno l'impressione di essere molto in sintonia tra di loro. Le loro mosse sono semplici, ci riportano con il pensiero a un fuoco acceso in mezzo alla natura e a danze primordiali e di buon augurio. Una serata che gioca davvero sui contrasti tra la semplicità delle coreografie e l'eleganza mozzafiato di una residenza che si affaccia sullo splendido panorama romano. Un ritrovato rapporto con uno stile che sembra lontano dai nostri contesti urbani. Se l'intento voleva essere quello di portare le menti di noi spettatori lontano dal caos cittadino, può dirsi riuscitissimo. Un omaggio davvero glorioso a questi ballerini e coreografi provenienti sia dal Maghreb che dall'Africa Subsahariana: conosciamo Radhouane El Meddeb (Tunisia), Aly Karembe (Mali), Ahmed Khemis (Algeria - Tunisia), Saifeddine Manai (Tunisia), Oumaima Manai (Tunisia), Kettly Noel (Mali), Nelisiwe Xaba (Sudafrica), Junior Zafialison (Madagascar). Ma le loro esibizioni non si concludono a Villa Medici, saranno infatti ospiti al Teatro Quirino di Roma per tre serate il 19, il 20 e il 21 settembre. Se volete passare una serata all'insegna dell'esotico e sentirvi un po' “selvaggi”, questa iniziativa un po' fuori gli schemi non vi deluderà davvero!

LEON CINO

La danza torna protagonista sul palco del Teatro Greco, con “Che danza vuoi?”. Una manifestazione dedicata a tutte le sfaccettature della danza, dove la parola d’ordine sembra essere multidisciplinarietà: si esibiranno, infatti, ben 32 compagnie, alcune affermate e alcune d’innovazione, a dimostrazione che in Italia c’è ancora tanto entusiasmo e tanta passione per l’universo della danza. Dedicata ai giovani talenti italiani, ballerini o coreografi che siano, dà la possibilità di esibirsi, per una sera, su un prestigioso palco come quello del Teatro Greco. Ad aprire la kermesse, una compagnia già affermata e ospite d’onore della manifestazione: la Leon Cino Dance Company, nello spettacolo “Tra Uomo e Donna”. A dimostrazione che certi talent show non creano solo falsi talenti, Leon, cresciuto sui banchi di scuola della De Filippi, uscito vincitore dalla terza edizione della trasmissione, adesso ha una sua compagnia e dimostra, con questo spettacolo, tutto il suo talento e le sue doti di gran ballerino. Tre quadri, tre istantanee, un trittico di scene divise tra loro ma aventi come filo conduttore l’amore, la passione tra l’uomo e la donna. Il primo quadro “ Amore, Sagapo, Dashuri” è accompagnata dalla musica dal vivo di due incredibili musiciste, al piano e al violino, in una sinergia tra musica, balletto e parola, espressa sempre non verbalmente ma solo con la gestualità, in quella maniera raffinata ed elegante che solo la danza sa produrre. Nel balletto si evidenzia come ogni cosa che noi facciamo, ogni piccolo gesto, altro non è che una goccia nell’Oceano ma che se non ci fosse quella goccia, all’Oceano mancherebbe quella goccia perduta.Il secondo quadro è dedicato alla figura femminile, “Woman” e l’ispiratore del messaggio è il burqa come simbolo di femminilità oppressa in tutte le sue accezioni. È un inno al coraggio e alla forza delle donne, poiché la donna oppressa agisce con il cuore e in nome del cuore, con grande coraggio e determinazione, pronta a tutto per l’amore dei suoi cari. Il terzo e ultimo quadro non poteva che essere dedicato alla “Passione” e al ballo che per antonomasia la rappresenta, la danza che accende i cuori e brucia dentro: il Tango. Nessuna danza raggiunge lo stesso livello di dialogo tra i corpi producendo emozioni, energia, respiro, abbraccio, palpitazione. Le varie fasi del rapporto di coppia sono rappresentate con passione, tecnica e maestria da eccellenti interpreti in una serata dove il Tango diventa il mezzo di comunicazione tra uomo e donna, dove lei si abbandona al piacere tra le braccia del cavaliere, guidata in un mondo dove conduce il gioco.Insieme a Leon sul palco Annalisa Cianci e Giulia Paris, splendide e bravissime prime donne, oltre a Simona Deiana, Barbara Pennavaria, Devis Rada, Antonello Mastrangelo, Mirand Pulaj, Serena Dell’unto e Valentina Santo.

I PUFFI IN 3D


Quanti della mia generazione e non sono cresciuti divertendosi con le simpatiche avventure degli “strani ometti blu, alti due mele e poco più??” Dal 16 settembre al cinema tornano I Puffi, in questa nuova versione addirittura in 3D! Per la prima volta sul grande schermo i simpatici personaggi nati dalla mente creativa del fumettista Pierre Culliford, in arte Peyo, in un film per piccini ma che non può non affascinare anche noi adulti. E come diceva la sigla del cartone animati degli anni ’80, cantata allora da Cristina D’Avena, i Puffi “Vivono via da qui, nell’incantata città, riparata dalla terra, dal deserto, dai monti e dal mar…” ma, in una notte di Luna Blu, per sfuggire al loro acerrimo nemico Gargamella e il suo fedele gatto Birba, i piccoli ometti blu dal loro mondo fatato si trovano catapultati a Central Park, in una New York dei nostri giorni. Così Puffetta, Puffo Brontolone, Coraggioso, Quattrocchi, Tontolone e capitanati dal Grande Puffo, devono escogitare il modo, in questa metropoli moderna, di tornare nel loro villaggio e non essere catturati da Gargamella.
In loro aiuto ci saranno, dopo il primo momento di paura e al tempo stesso stupore, una coppia di giovani sposini, Patrick (Neil Patrick Harris) giovane pubblicitario in carriera e Grace (Jayma Mays), in dolce attesa del loro primo bambino. La trama, per noi adulti, può sembrare un po’ semplice e scontata, con quell’happy end tanto caro a una bella favola, ma vedere Gargamella e le sue calze rosse in versione carne ed ossa (l’attore Hank Azaria, davvero imbruttito ma davvero molto somigliante al suo alter ego dei cartoni) o vedere ancora i Puffi canticchiare allegramente la loro canzoncina preferita (“Lalalallala, puffa insieme a noi”!) fa davvero sorridere e ci catapulta indietro nel tempo, facendoci scappare qualche risata davvero sincera e facendoci tornare per una volta un po’ bambini. Gli effetti 3D non sono per niente banali, ben fatti nei minimi dettagli (la gonnellina di Puffetta che si alza come quella di Marylin Monroe sopra la grata della metropolitana in “Quando la moglie è in vacanza” è incredibilmente naturale). In Italia saranno numerosi gli eventi che caratterizzeranno l’uscita del film: domenica 11, al Cinema Adriano, alla presentazione del film per la stampa, è stato allestito un vero Blu Carpet, con ospiti d’eccezione Grande Puffo, Puffetta e Puffo Brontolone, oltre a numerosi bambini e personaggi dello spettacolo, fan degli omini blu. Inoltre un puffo alto 15 metri, riempito con quasi 10000 litri d'aria e tenuto in piedi da 8 funi ancorate a sacchi di sabbia da 23 chili l'uno, farà il giro della Capitale fino al centro commerciale Porta di Roma. Il 16 settembre, invece, per festeggiare l’arrivo nelle sale, i tre Puffi faranno il giro della città su un bus scoperto rivestito dalle immagini dei tre protagonisti.

SIAMO TUTTI UN PO' EX

Chi, nella vita, non è mai entrato nella categoria degli “Ex”? Ex amante, ex amico, ex moglie…. Insomma, nel nuovo film dei fratelli Vanzina, “Ex. Amci come prima!” , nelle sale dal 7 ottobre, ci rientriamo davvero tutti.Contrariamente a quanto si può pensare, il film, come specifica Carlo Vanzina, non ha niente a che vedere con il film di Fausto Brizzi, anche se c’è ovviamente un fil rouge con il precedente in quanto i protagonisti sono o hanno a che fare con gli Ex. Partendo dall’esempio di un film come “Love Actually”, dove i protagonisti con le loro storie non dovrebbero mai incontrarsi ma poi, per qualche gioco del destino, finiscono sempre per sfiorarsi o addirittura entrare gli uni nella storia dell’altro.Enrico Brigano è un uomo felice, pronto per partire per il suo viaggio di nozze con la sua amata (Tersa Mannino) quando incontra la sua ex amante (Liz Solari), quella che credeva essere la donna dei suoi sogni… Anna Foglietta è un’eccellente avvocato divorzista, terrore di quasi tutti gli ex mariti delle sue clienti, che punisce con puro godimento visto che anche lei è una ex moglie tradita e abbandonata, ma che a sua insaputa, quasi per colpa o per scherzo del destino, finisce proprio per innamorarsi di un affascinante ex marito (Alessandro Gassman), convinta, invece, che sia l’uomo perfetto. Ricky Menphis è un triste e disperato ex, che vorrebbe suicidarsi perché è stato scaricato con un semplice sms. Aiutato dal vicino di casa psicoanalista, anche qui per uno strano gioco del destino viene scambiato proprio per il medico e finisce per innamorarsi della bella Gabriella Pession, anche lei aspirante ex suicida. Natasha Stefanenko è una deputata baltica del parlamento europeo, di sani principi e di integrità politica,che fa perdere la testa a Vincenzo Salemme, neo eletto parlamentare, spinto dall’arrivista moglie Tosca D’Aquino ad arricchirsi fregandosene della politica… per una volta nella vita, fatale l’incontro tra i due così diversi anche politicamente, il politico si dimette diventando anche lui un ex. Un film allegro, divertente, che si lega alla tradizione della grande commedia italiana ma che subisce la contaminazione della sofisticata commedia di stampo anglosassone, come nella storia d’amore tra Gassman e la Foglietta, definita dagli stessi protagonisti “Come un film d’amore di Sandra Bullock”. Un film sicuramente molto attuale, dove nella storia del politico-Salemme non si può che pensare alla situazione attuale della nostra politica. “Mio padre mi ha sempre insegnato che il nostro lavoro è una forma d'arte destinata ad anticipare”, racconta Enrico Vanzina. “Il cinema vive nella realtà, la osserva e spesso la comprende prima che si concretizzi. Con questo film abbiamo voluto realizzare una sorta di critica al nostro paese ma anche dare una speranza ai sentimenti, per farsi che lo spettatore esca dalla sala sentendosi un po' più leggero e sollevato”.

lunedì 14 novembre 2011

IL CLOWN DAL CUORE INFRANTO DI OSCAR WILDE

Un fascio di luce forte dall’alto che lo illumina. Solitudine. Sbarre, divisa da detenuto e scalzo, si avvicina a fatica al leggio ed inizia a stende la sua lettera. Dal carcere, Oscar Wild scrive al suo amico Bosie. È l’inizio dello spettacolo in scena al Teatro Vittoria a Roma, intitolato “Il clown dal cuore infranto”, in scena fino al 4 giugno, ispirato alla lettera di Oscar Wild che scrisse dal carcere di Reading, conosciuta come “De Profundis”. Lo spettacolo va ad inserirsi all’interno della rassegna “Salviamo i Talenti – Premio Attilio Corsini”, con l’idea di dare visibilità alle compagnia teatrali nuove e nascoste. Sono infatti tutti giovani gli attori in scena, come Milutin Dapcevic, che interpreta il ruolo di Oscar Wild, ed ha poco più di trent’anni. Dentro la cella, l’artista Wilde inizia a rivivere il suo passato, i suoi fantasmi. Evoca Ross, il suo grande amico che, come la coscienza, sempre cercò di dissuaderlo dal frequentare Bosie, l’altro, causa della sua futura rovina. Prendono vita nella cella. Inizia allora il ricordo del passato, i momenti felici. Sopra la divisa da detenuto, indossa adesso cappello e bastone. Aforismi, aneddoti e battute sagaci sono la sua quotidianità. Oscar Wild è all’apice del suo successo, ammirato e seguito, al suo fianco c’è sempre quel tale Bosie, con il quale si instaura un rapporto di amore ed odio. Il giovane lo costringe a spendere smisurate somme di denaro per i più disparati capricci. Oscar Wilde è stregato dal giovane, ne accetta i soprusi, a volte si ribella ma poi è pronto a riaccogliere il giovane sotto la sua ala. In scena, dall’alto, arrivano dei fantocci di pezza, è il momento del processo all’artista. Accusato di sodomia dal padre di Bosie, Wilde accetta la sfida e lo accusa di diffamazione. Ma il processo gli si ritorce contro: è un processo alla sua estetica, il significato del concetto di “immoralità” diviene il cuore di tutto. “Non esistono libri morali o immorali, solo libri bene o mal scritti”. I fantocci iniziano a vociferare. Il dramma si sta compiendo. Accusato di corrompere i giovani, in scena entrano le catene. Il dibattito sul rapporto fra società, leggi e trasgressione è sempre aperto. Il cerone sul viso dell’artista e le accuse denigratorie nei suoi confronti. È divenuto un clown, un pagliaccio dal cuore infranto, che come in un circo cammina in cerchio nella sua cella. Il rischio è la pazzia. È di nuovo solo. E da li a poco morirà, sempre nella solitudine, per colpa di un amore che il mondo ancora non comprende.

REDBULL X-FIGHTERS 2011

Adrenalina nella Capitale, che ha ospitato un evento tra i più atteso dell’anno: il 24 giugno, infatti, lo Stadio Olimpico ha ospitato il Red Bull X-Fighters World Tour 2011 l’evento di motocross freestyle più emozionante e spettacolare, bissando il tutto esaurito al Flaminio dello scorso ottobre, con 20.000 spettatori. Uno spettacolo unico nel suo genere con allestimenti mozzafiato, esibizioni e competizione sportive di altissimo livello professionistico che caratterizza il Red Bull X-Fighters. Il campione dell’anno scorso, Nate Adam, americano dal sorriso di ghiaccio, classe 1984, dopo aver fatto letteralmente impazzire la folla lo scorso anno per le sue evoluzioni, ha dichiarato che: “Se c’è un campionato che devi vincere per guadagnarti l’immortalità, sicuramente è questo!”. L’attuale campione del Red Bull X-Fighters e i suoi avversari hanno totalizzato 770 salti, 524 flip e circa 17.000 metri in aria nella passata stagione ma se vuole difendere il proprio titolo, Adams dovrà fare questo e molto di più in questo Tour 2011, partito il 15 aprile da un posto tutto nuovo per queste specialità: l’apertura del Tour, infatti, si è svolta a Dubai nello spettacolare complesso del Jumeirah Beach Residence. Dalla penisola arabica che con il Red Bull X-Fighters segna un nuovo traguardo nella sua conquista degli eventi sportivi più importanti al mondo, ci si sposterà nella capitale brasiliana, seconda new entry in calendario per celebrare il debutto a Brasilia atterrando sull’Esplanada dos Ministèrios (28 maggio). Poi sarà il turno dell’Europa dei grandi stadi capaci di creare incredibili atmosfere grazie agli enormi riflettori: ecco quindi la tappa nella “Città eterna” il 24 giugno, per poi proseguire nella leggendaria arena della corrida, Plaza de las Ventas de Toros a Madrid (15 luglio), per poi spostarsi a Varsavia (Narodowy Stadium, 6 agosto e arrivare al grande finale il 17 settembre il World Tour per la prima volta in dieci anni volerà fino in Australia.Il Primo Cittadino della capitale, fiero di ospitare la manifestazione dopo il successo dello scorso anno allo Stadio Flaminio, ha invitato i romani a vedere questo incredibile spettacolo: “La grinta e l’entusiasmo di questi campioni ci hanno permesso di conoscere uno sport nuovo e dinamico, che ha stupito e incantato migliaia di appassionati e curiosi proveniente da ogni parte del mondo”. A Roma in giuria Alvaro Dal Farra, leggenda italiana del motocross freestyle, anche lui entusiasta di questo nuovo appuntamento: “È un piacere e un onore essere stato richiamato nella giuria di un evento come questo che è il più grande e più importante al mondo nel motocross freestyle. Sono felice del ritorno a Roma di questo evento, poiché l’anno scorso la finale romana è stata un successo, sia nelle vendite che nell’entusiasmo del pubblico presente e questo ha mostrato quanto questo sport piaccia alla gente, quanto richiamo di pubblico sia capace di avere e quale futuro possa avere anche in Italia”.In pista, a difendere il tricolore italiano, anche Massimo Bianconcini, wild card italiana lo scorso anno, che afferma di essersi molto impegnato negli allenamenti per essere al meglio della sua forma sportiva e regalare qualcosa di entusiasmante al suo pubblico.

L'ANTICO DUBBIO CON FRANCESCA NUNZI E MARCO SIMEOLI

Si può ridere a crepapelle in una commedia dove si parla di un evento così “delicato” come la natività senza assistere ad uno spettacolo né bigotto né blasfemo?? La risposta è assolutamente sì, se i protagonisti dello spettacolo “L’antico dubbio” sono Francesca Nunzi e Marco Simeoli, compagni di “avventura” fin dai tempi del gruppo dei Picari. La storia, scritta e ben diretta da Francesca Nunzi, parla proprio della natività e del cammino verso Nazareth che Maria e Giuseppe devono compiere. A metà strada tra l’antico e il moderno, la parodia dei due bravissimi attori è davvero riuscitissima: recitata in un napoletano maccheronico, Maria “ciancica” e sputa bruscolini tutto il tempo, continua a rassicurare il suo sposo sull’importanza del “progetto divino” e soprattutto critica insistentemente il povero falegname di mettere i calzettini bianchi con l’infradito! Dal canto suo, il povero Peppino è preso dai dubbi riguardo la paternità del bimbo che Maria porta in grembo ed è esasperato dai continui sbalzi ormonali della sua adorata Madonna. I due viaggiano in sella ad un ciuccio parlante cavalcandolo come fosse una Harley-Davidson.
“Lo spettacolo è una vera picarata”, come lo definisce la stessa Francesca Nunzi, per sottolineare lo stile goliardico ed ironico che caratterizzava il gruppo. “Il nostro è un divertimento puro, ci fa bene tornare a fare gli scemi in scena, quasi un voler tornare ai nostri primi spettacoli visto che tutti e due veniamo da importanti e impegnativi lavori”. (Marco è in tournée da due anni con Aggiungi un posto a tavola dove interpreta uno straordinario Toto e Francesca è stata l’indiscussa protagonista de La Tosca al Teatro Greco). “Qui siamo molto più liberi”, racconta Marco, “e la bellezza di questo spettacolo è proprio la libertà di dire e fare ciò che ci viene spontaneo e che in altri contesti non possiamo davvero fare. Noi siamo picari dentro. Negli altri contesti ci teniamo, qui inventiamo e improvvisiamo sempre”. Il clima di assoluta simbiosi si respira anche nei loro discorsi: “Questa cosa la potevo fare solo con Marco! Non è facile trovare degli attori che sono disposti a divertirsi, a ridere e scherzare in scena, mettendoci lo spirito giusto”, racconta divertita Francesca. “Io scrivo tanti racconti; questo mi divertiva particolarmente e mentre lo scrivevo pensavo proprio a Marco, mi immaginavo un Giuseppe che parlasse napoletano e che facesse le stesse smorfie e le facce che fa lui. Poiché tocca l’argomento della sacra famiglia, avevamo paura che qualcuno ci rimanesse male e noi lo abbiamo alleggerito con le nostre cretinate! Il nostro è un assoluto cazzeggio, è una follia nella follia e bisogna entrare in questo spettacolo con lo spirito giusto. Qui ci divertiamo e abbiamo voglia di far divertire chi ci guarda, infondo è un atto unico che dura solo 1 ora e 10 ed è un’oretta di non pensiero, come se stessimo lì con un gruppo di amici per divertirci insieme”.“Il testo in realtà c’è”, continua Marco, “ma dal primo giorno di prove abbiamo iniziato ad aggiungere qualcosa; chi è venuto alla prima e tornerà l’ultima sera troverà tante modifiche… noi due abbiamo incrementato la scrittura con le nostre gag che aggiungiamo di volta in volta, spesso anche improvvisate. In questo spettacolo trapela proprio la voglia di divertirci insieme sulla scena”.
Non posso non chiedere che progetti hanno per il futuro, dopo una lunga stagione sul palcoscenico per entrambi: “Io in cantiere ho molte cose”, risponde Francesca, “ne ho in mente una in particolare di cui parlo sempre con Marco che vorrei provare a proporre in giro; a ottobre riprenderò Tosca e farò Natale a Capracotta al Teatro de’ Servi”.
Per Marco innanzitutto un grande impegno estivo: “Replicheremo anche quest’anno La Tempesta di Shakespeare al Globe Theatre con Giorgio Albertazzi; poi forse dovremmo riprendere, per il terzo anno consecutivo, la tournée di Aggiungi un posto a tavola, concludendo proprio a Roma. Inoltre c’è sempre la mia collaborazione con Gigi Proietti, che è un altro mio percorso che mi accompagna da circa vent’anni. Anche se io scrivo meno di Francesca, nel tempo ho messo su uno spettacolo a cui tengo molto che si chiama Napoli e ‘na parola, tutto dedicato a Napoli, con tutti i pezzi dedicati a grandi autori napoletani, che appena posso porto in giro con grande piacere. Quest’anno poi ho fatto anche tante regie e in particolare un musical off Broadway che si chiama Ti amo, sei perfetto ma ora cambia!” “E poi spero che faccia la regia di qualche altro mio spettacolo”, confessa ridendo Francesca, “ma comunque, per non sape’ ne legge né scrive, qualche piazzetta con questo spettacolo, in sella al nostro ciuccio ce la faremo sicuramente!!”

IL CESTINO DELLE MELE

24 ore in un carcere... un tempo lungo, infinito, che sembra durare un’eternità! Non si mangia se non bucce di patate, si piange e si ride, ci si dispera per ciò che c’è fuori di quelle fredde quattro muro, per ciò che si è lasciato fuori dal carcere. Tre donne condividono una cella. Tre donne così diverse ma così uguali: Margherita, ebrea, che per amore del suo Arturo è diventata addirittura fascista, un uomo ricco che le faceva fare la signora, la portava in giro per Roma con la sua bella macchina e non le faceva mancare nulla. Un amore traditore, però, poiché il bell’uomo si è fatto trovare a letto proprio con la cugina! Un attimo e Margherita ammazza tutti e due… “Mi hanno trovata due giorni dopo, ancora sdraiata accanto ai loro corpi insanguinati”… C’è Rita, donna del popolo, che è finita anche lei qui, al carcere delle Mantellate per la borsa nera, pia e religiosa che ogni mattina recita il suo rosario e intanto si dispera per il marito, portato via dai fascisti e forse morto, con due figli che l’aspettano, forse, ancora a casa. Il suo dolore è immenso, non sa nulla di ciò che c’è fuori e la sua vita, la sua famiglia, potrebbe essere ormai distrutta: “L’unica cosa per cui vale la pena di vivere è la famiglia tua, non c’è libertà se non hai una famiglia tua!” Poi c’è Giovanna, giovane studentessa presa mentre manifestava a San Pietro, che vive di libri e di sogni, che ogni giorno aspetta alla finestra il suo fidanzato, che arrivi anche solo per un minuto a portargli qualche notizia dal mondo esterno. A sconvolgere questo precario equilibrio arriva Vera, partigiana gappista, che portava a Roma le bombe da piazzare a San Giovanni con la sua bicicletta,tenendole in un cestino di mele, ma il cui ruolo è ignoto a tutte le altre… Chi è, cosa fa, perché è qui? È ferita, cosa ha fatto? Sarà un avido direttore del carcere a metterle tutte contro tutte, promette a una di loro una mela, una bella e succosa mela, per chi rivelerà la vera identità dell’ultima malcapitata…. Chi tradirà le compagne?? La verità, la libertà in cambio di una mela… in carcere, all’alba della liberazione degli americani, una mela È la libertà, una piccola, piccolissima fetta di piacere e di gioia mentre lacrime amare rigano il volto delle altre.Quattro donne a confronto, che scambiano conversazioni dal tono colloquiale, come se fossero quattro amiche intorno a un caffè ma che poi, un attimo dopo, il tono della loro voce cambia, si fa forte e aggressivo, urlano tra loro e non mancano discussioni che sfociano spesso in aggressioni verbali forti. Le donne sono la raffigurazione umana della realtà di quei giorni, un tempo che sembra lontano da noi ma così vivo ancora nella mente di molti, una realtà fatta di mille sfaccettature e mille sofferenze.Scritto e ben interpretato dalle quattro protagoniste: Claudia Crisafio, Cecilia D’Amico, Federica Seddaiu, Maria Scorza, tutte diplomate all’Accademia D’Arte Drammatica Silvio D’Amico, si mostrano al pubblico con una interpretazione intensa, credibile e molto forte, in unico spettacolo breve ma d’effetto, come un lungo monologo, dove si mette a nudo quella che è stata la sofferenza vera, difficile, vissuta, per sottolineare che, a volte, il non dimenticare serve a non essere schiacciati da un altro terribile male che è l’ignoranza!Lo spettacolo fa parte dell’iniziativa del Teatro Vittoria “Salviamo i Talenti”, dove giovani compagnie si “sfidano” per ottenere qualche data in cartellone per la prossima stagione del grande teatro… E credo che, a mio modestissimo parere, questo spettacolo meriterebbe davvero di avere uno spazio degno di questo nome.

GABRIELE LAVIA RECITA IL SOGNO DI UN UOMO RIDICOLO

Il sottosuolo è quella condizione dell'animo umano perso nel buio del non-senso. È nel sottosuolo umido che giace quest'uomo ridicolo, lontano da tutti, deriso da ciascuno. Non ama gli uomini, anzi arriva a detestarli. Non più giovane smette di voler cercare un senso, al suo dolore, all'incomprensione nei suoi riguardi di chi lo circonda. Semplicemente non pensa, tutto gli è indifferente. Per gli altri è solo un uomo ridicolo; ben presto si convince egli stesso di non essere altro che un uomo ridicolo, ridicolo, ridicolo. In una notte di buio e nuvole nere a coprire il cielo già tetro, un'unica, minuscola stella a suggerirgli la soluzione: il suicidio. Una soluzione a dire il vero già meditata, ma sempre rimandata. Come si fa a decidere di lasciare il mondo senza aver trovato neanche una ragione per chiamarlo Mondo? Occorerebbe per lo meno sapere cosa si lascia. Nella sua poltrona “alla Voltaire” della sua misera stanza, l'uomo ridicolo non si uccide, ma precipita in un sogno dove finalmente egli vive di nuovo, forse per la prima volta veramente vive. Una verità antica sarà la sua conquista, sebbene -ahimè- egli per primo sa che questa verità è stata a lungo narrata, mille volte scritta e mille volte ancora dimenticata. Difficile mettere in scena un racconto non scritto per il teatro. Siamo di fronte ad un uomo quasi impazzito per il dolore, che racconta, a tratti sottovoce, a tratti concitato, ciò che ha vissuto e ciò che non ha vissuto ma solo sognato, eppure sentito così vivamente come niente nella sua vita reale. Un palco spoglio, elegante: il pianoforte e una sola sedia. Gabriele Lavia sa di andare incontro ad un compito non semplicissimo. L'uomo ridicolo di Dostoevskij vive in pagine antiche e forse solo l'occhio di un lettore attento può andare a trovarlo. Farlo vivere in carne ed ossa, assicurarsi che il suo narrare angosciato arrivi vivo al vasto pubblico che affolla la sala, sarà ardua impresa. Ma Gabriele Lavia trova la chiave. Racconta di come sia nato questo racconto, nel 1873, dalla mente geniale di un Dostoevskij tormentato e rilassa la sala con qualche sorriso riguardo all'incontro con Rita Marcotulli, conosciuta poco prima di andare in scena: il treno che l'ha portata a Roma da Parigi, tanto per cambiare, è arrivato in ritardo! Così si scusa se ci saranno imprecisioni durante lo spettacolo, ma di tempo per provare non ce n'è stato. Ebbene, seppur qualcosa è stato improvvisato, nessuno dei presenti potrà dirlo. Gabriele Lavia scompare; al suo posto, su quella sedia, l'uomo ridicolo. Questa è stata la chiave. Questa la magia di un attore che sa spogliarsi di sé, vestire non solo l'abito, ma la mente, il cuore, le preoccupazioni, l'animo del personaggio che interpreta. Gabriele Lavia, all'abbassarsi delle luci, è l'uomo ridicolo, tormentato e angosciato. Le note del piano simulano il gocciolare dell'acqua che gelida cade nella tomba in cui è sepolto nel sogno l'uomo ridicolo. Da quelle terribili gocce che inesorabilmente cadono, minuto dopo minuto, sull'occhio chiuso dell'uomo ridicolo, le note del piano si trasformano in una melodia sconosciuta. È il suono del mistero che cattura l'uomo ridicolo per portarlo in un'altra Terra, gemella alla nostra, dove egli rinasce e conosce degli uomini, a noi gemelli, sebbene puri e bellissimi nella loro innocenza. Un'esperienza inscatolata in viaggi e spazi che si sovrappongono l'uno sull'altro: la vita, la morte nel sogno, la vita nel sogno, ma in un diverso universo; ed infine la vita di nuovo, al risveglio dal sogno, con una verità da portare con sé e agli altri, seppur con la consapevolezza che noi, gli altri, non la impareremo neanche questa volta. Qual'è questa veritas? Qual'è la soluzione tanto agognata? La più semplice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Non si tratta di religione, non è qui importante il verbo di Cristo né la dottrina di Dio. Questa dev'essere semplicemente la dottrina dell'uomo. Secoli di storia si sono sovrapposti su questa semplice rivelazione e per quanti abbiano provato a a sottrarla ogni volta dall'oblio, sempre altra sabbia l'ha ricoperta. L'uomo ridicolo lo sa, ne è consapevole, ma finalmente ha trovato un senso al suo essere ridicolo e il mondo non gli è più ostile, il mondo può ridere ora di lui, si. La rivoltella non gli è più necessaria, ha accettato il fatto che “sulla Terra noi possiamo amare solo con la sofferenza” e che “gli uomini inventarono la giustizia quando si resero colpevoli”. Egli conosce infine il segreto della bellezza: non rimane che raccontare. Anche il pubblico si desta improvvisamente come da un sogno. La pesantezza e l'angoscia di questo racconto trascina con sé un dolce risveglio, con un'esecuzione mozzafiato della premiata con il David di Donatello Rita Marcotulli. L'esperienza diretta della potenza del teatro e di due interpreti mozzafiato.

CYRANO DE BERGERAC DI EDMOND ROSTAND

Il vincitore del premio Pirandello 2009 Corrado D’Elia è regista e protagonista di Cirano di Bergerac al Teatro Vittoria di Roma dal 3 al 15 maggio 2011. L’opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, tradotta e adattata in prosa da Franco Cuomo e Corrado D’Elia, viene interpretata dalla Compagnia Teatri Possibili; dopo 15 anni di grandi successi in tutta Italia questo spettacolo ha conquistato un posto nel cuore del pubblico che lo considera ormai un vero e proprio cult. Cirano, segretamente innamorato della cugina Rossana ma non corrisposto, è un uomo forte e intellettualmente virtuoso ma ha un aspetto poco gradevole a causa del suo naso che è gigante. Tuttavia è moralmente integerrimo e inflessibile verso le ingiustizie e i soprusi dei potenti a cui non si piega per nessuna ragione al mondo. Se da un lato è un uomo forte e sicuro di sé, al punto da farsi molti nemici, dall’altro è un poeta formidabile dall’animo profondo e gentile, soprattutto quando la sua strada incrocia quella della cugina tanto amata. Quando Cirano apprende che Rossana si è invaghita a prima vista del cadetto Cristiano, dopo un primo momento di sconforto, decide di allearsi con il ragazzo, bello ma vuoto di spirito, per conquistare il cuore di Rossana: mentre Cristiano alimenterà l’attrazione della donna con il suo aspetto fisico, Cirano le invierà lettere d’amore (a nome di Cristiano) per aggiungere, agli occhi di Rossana, la profondità d’animo a una bellezza già evidente. In una Francia d’altri tempi sfilano personaggi che sembrano dipinti, come il pasticcere-poeta Ragueneau, amico di Cirano, dall’animo nobile e dal cuore grande e il potente De Guiche, conte ingiusto e prevaricatore che è pavido e vigliacco in battaglia ma prepotente con i più deboli. Dopo tante peripezie, tra cui un matrimonio e una guerra, è solo nel tragico finale che Rossana apre gli occhi sull’identità dell’uomo che ama veramente…e il sentirla affermare con il cuore distrutto “non ho amato che un uomo e lo perdo due volte” commuove e incanta come l’amore stesso che, seppur prenda a volte delle strade dolorose, è talmente ingenuo e potente da essere croce ma anche tanta delizia. Davvero straordinari i protagonisti Corrado D’Elia (che nell’arco di un paio d’ore, complice la poeticità delle sue parole, ti fa quasi innamorare), Monica Faggiani (soave e allo stesso tempo spiritosa), Vincenzo Giordano, Bruno Viola, Tommaso Minniti e Marco Brambilla. In una scenografia fatta da un piano inclinato scomponibile e ricomponibile a seconda della scena, si apprezza l’abilità essenziale e fulminea di tutti gli attori presenti sul palcoscenico e gli applausi finali, compresa qualche standing ovation, vanno tanto ai protagonisti quanto agli interpreti Stefania Dimartino, Dario Leone, Antonio Giovinetto e Stefano Pirovano.

FAST & FOURIOUS 5

Esce anche in Italia il 4 maggio il 5 capitolo della Saga americana “Fast and Furious”, incentrata sulle corse clandestine di automobili. Anche questa volta la regia è firmata da Justin Lin (dopo The Fast and the Furious: Tokyo Drift e Fast e Furious - Solo parti originali). Dopo Los Angeles, Miami, Tokyo, Messico, in questo nuovo capitolo i protagonisti Brian (Paul Walker) e Mia (Jordana Brewster) finiscono a Rio de Janeiro, dopo aver liberato il fratello di lei, Dom Toretto, (Vin Diesel) da un carcere di massima sicurezza. Insieme decidono di aiutare il vecchio amico Vince e contribuire al furto di alcune macchine di grossa cilindrata. Tutto sembra filare liscio come l’olio ma in realtà qualcun altro è interessato alle auto: uno dei più pericolosi malviventi del posto nasconde nel motore di un'auto il micro-chip contenente la lista completa di tutte le sue attività illegali compiute nel passato. Interviene la squadra speciale dell'agente Luke Hobbs e dagli uomini di Reyes, che si prodigano per ricercare e catturare i due protagonisti. Tra una spiaggia brasiliana e scenari incantevoli, Dom decide di riunire tutta la “banda” composta dai suoi fidatissimi sei collaboratori, avvalendosi della collaborazione della sorella e di Brian per organizzare la rapina del secolo: prendere tutti i soldi che Reyes voleva usare per corrompere sia la polizia locale che la malavita brasiliana, per un totale di 100 milioni di dollari. Tra vecchie e nuove conoscenze, che si sono alternate in tutti i precedenti capitoli (per esempio Vin Diesel non era apparso nel secondo film, Paul Walker mancava dal terzo e qui però è tornato per poche scene con Diesel) Tra i nuovi attori, in questa pellicola troviamo, Dwayne Johnson, o meglio noto come The Rock protagonista di una scena di botte con Vin Diesel.Immancabili anche in questo capitolo le auto: sfavillanti vetture di tutti i colori, blu, verdi, rosse, super accessoriate e veloci più di un lampo. Sono loro le vere protagoniste del film, per gli appassionati delle quattro ruote modificate, per tutti gli amanti dei film ricchi di adrenalina e suspance. Intanto, si vocifera che ad Hollywood fervono i preparativi per il sesto capitolo… per la serie: “To be continued”!!

SOGNO D'AUTUNNO

La scena che si apre è immersa in un cimitero, lapidi ed iscrizioni tutto intorno, piccoli cumuli di terra che sembrano sbocciare, e un uomo, solo, in una giornata di pioggia. E poi una donna poco distante, sola anche lei. I due si incontrano nel cupo silenzio, terra di defunti, di persone che erano e non sono più. Parlano e si raccontano: in verità si conoscevano, ma non si vedevano da tempo; si piacevano, ma non lo avevano confessato; si amavano forse… Già, ma non l’avevano rivelato. Comincia un confronto serrato sulle loro vite, su cosa sia questa esistenza, su quanto si desiderino senza dirlo. Basta guardarsi e gli occhi fanno più di tutto il resto: parlano e si emozionano. Lei è impacciata, timida. Lui in apparenza più risoluto, ma infine più volubile. Quello che sembrava il presente diventa all’improvviso, con l’arrivo dei genitori di lui sul palcoscenico, il passato. Si apre un nuovo momento narrativo. La storia fa un balzo in avanti. Ormai sono passati degli anni da quando il protagonista l’Uomo, interpretato da Sergio Romano, ha lasciato la moglie ed il figlio per la storia d’amore con una nuova compagna, quella Donna, rivista per caso e in un modo così diverso, seduti su una panchina in un cimitero. E si ritrovano tutti in quello stesso posto stranamente: lui, lei, la madre ed il padre di lui, la ex moglie. Tutti lì in occasione del funerale della vecchia nonna. La tensione di rapporti ingestibili alle volte, l’ansia, il disagio emergono come in un’implosione, silenziosa, ma difficilissima. E ancora un salto temporale, ancora più avanti. Lui morto, il padre anche. E a restare su questa terra, strette in un abbraccio solido e sicuro solo loro, tre donne che “come le tre Parche, rimangono sole a protezione dell’imperativo della vita e dell’ordine delle cose”. Lo spettacolo tratto dall’omonima opera di Jon Fosse colpisce per la profondità con cui racconta e insieme per quel fare grottesco con cui si esprime. Frasi ripetute, quasi a ritornello, diluiscono e sospendono lo sviluppo concentrico della storia. Il fuoco è la ragione con cui si cerca di riflettere sull’uomo, sulla sua realtà, su quanto accada tanto e poi in fondo non accada nulla nella vita di ognuno. Tutti ci sono stati, ci sono, ci saranno e poi non saranno più. E di tutto questo rimarranno le case, le vie, i luoghi che verranno abitate da nuove persone, nuove vite. Un parlare che fa l’uomo presente nel qui ed ora, hic et nunc, ma che ha in sé il suo essere effimero fino a svanire senza lasciar traccia. Uno spettacolo intenso, che fa anche sorridere in certe occasioni in cui i toni si alleggeriscono. Bravi gli interpreti tutti.

LA MIA MIGLIOR NEMICA CON BRIGITTA BOCCOLI

Ancora una volta la mente creativa di Cinzia Berni ha partorito un’altra bellissima e divertente storia di donne. Anche questa volta, come in “Ricette d’amore” sul palco open space del Teatro Golden, si avvicendano quattro protagoniste, con le loro storie d’amore, le loro bugie, le loro debolezze: Clara, la padrona di casa, una bellissima donna ancora alla ricerca dell’uomo giusto, fa la pittrice e vive da sola in una splendida casa; è appena tornata dal suo viaggio in India, non vede l’ora di rilassarsi un po’, quando all’improvviso irrompe Elena, la sua cara amica che le chiede ospitalità per qualche giorno poiché sta per tornare dall’Australia Laura, la sua ex coinquilina che non sa che Elena ora convive con il suo ex fidanzato che doveva addirittura sposare. Intanto Elena, portando dentro le valigie di Clara ancora sul pianerottolo, ha preso per sbaglio anche una strana valigia che non appartiene all’amica e che al suo interno, con grande spavento per le due donne, c’è una pistola vera. Ma ecco arrivare Laura, sempre più goffa e maldestra ma soprattutto sempre più arrabbiata con il suo ex che l’ha lasciata a pochi passi dall’altare. Il viaggio in Australia e la lontananza da casa, come per lungo tempo le ha consigliato Elena, non l’hanno assolutamente aiutata a dimenticare. Il quadro non è completo e qualcun'altra bussa alla porta di Clara: è Gianna, la hostess vicina di casa che reclama la sua borsa lasciata sul pianerottolo…. Sarà lei la proprietaria quindi della pistola?? E come mai Laura non sembra molto spaventata dalla presenza di un arma in casa??Una commedia divertente e frizzante, dove i colpi di scena non mancano, arricchita dalla bravura delle quattro protagoniste: Brigitta Boccoli, Anna Tognetti, Marilena Frasca e Laura Monaco, tutte bravissime e perfettamente calate nei loro ruoli. In quasi due ore di spettacolo con talento e ironia ci raccontano il mondo femminile in tutte le sue più spiritose sfaccettature: amicizia, amore, sesso e tradimento si intrecciano in una trama che a tratti si tinge di giallo regalandoci un risvolto davvero inaspettato.

LA LOCANDIERA

Il teatro è un luogo magico dove le cose già viste non sono mai uguali a se stesse, gli autori, gli interpreti, gli arrangiatori musicali, gli scenografi, attingono continuamente alla loro creatività artistica offrendo sempre nuovi spunti interpretativi. È per questo che un capolavoro della commedia italiana come La Locandiera di Carlo Goldoni benché già visto vale la pena di rivederlo ancora. E così può capitare di assistere ad una rilettura in chiave moderna molto interessante e divertente come quella proposta da Jurij Ferrini al Tetaro Vittoria di Roma dal 5 al 17 aprile. Il regista che si cimenta anche in veste di attore, ha voluto che ogni orpello superfluo lasciasse il posto al testo originale dell’opera. La presenza scenica degli attori e la loro immedesimazione nei personaggi, completano il resto. Disposti sul palco come ad una prova generale gli attori si alternano atto dopo atto, con il servitore del cavaliere che ricorda la successione delle scene e che suggerisce qualche parola. L’elemento temporale è suggerito dai costumi d’epoca stesi su un filo che delimita la scenografia e le valigie sparse qua e là danno il senso di transitorietà che è propria di una Locanda. Il minimo indispensabile ma davvero efficace per creare l’atmosfera entro la quale si svolge la vicenda. Divertente l’approccio con il pubblico chiamato in causa dal cavaliere misogino per ribadire le sue certezze, messe in crisi per la prima volta dalla seducente Locandiera. È infatti sull’infinita diatriba tra uomo e donna che il maestro della commedia italiana ha concentrato tutto il potenziale comico dell’opera, proponendo differenti caricature del genere maschile. Da un lato l’uomo che si offre con ogni mezzo per conquistare il cuore della prescelta e dall’altro l’uomo che fugge e non osa neanche avvicinare le donne perché pervaso dal timore di perdere la propria libertà. C’è poi però la donna che sa ammaliare con i suoi modi seducenti ognuno di essi e riesce a frantumare ogni convinzione e a rompere ogni indugio, insomma è sempre lei che muove i fili e che sceglie. Nulla di artefatto, o di esageratamente stravolto, tutto è concentrato sul canovaccio di Goldoni e sul suo linguaggio ricco di sfumature che accentua il carattere umoristico del contenuto. Lo stesso Ferrini sottolinea: “L’opera è uno degli indiscutibili capolavori goldoniani e a noi offre un canovaccio in lingua italiana, in una lingua particolare, ricca, calda, vitale, piena di sapore e spesso estremamente elegante; in questo senso, il nostro lavoro - che tenta di equi-distanziarsi dall’italiano disinvolto e annacquato che la televisione ci propina e da ogni manierismo teatrale – ritrova un materiale ricco di spunti comici e di improvvise virate ritmiche, di altalene melodiche e movimenti rapidi. Un gioiello.” Per tutti coloro che amano questo genere teatrale quella di Jurij Ferrini è senz’altro una versione davvero bella da vedere con un grande contenuto artistico.

FLASHDANCE...DAL CINEMA AL TEATRO

Dopo 6 mesi di tournée e dopo aver conquistato il pubblico di Milano, Trieste, Firenze, Padova, Napoli, Bologna e Bari, Flashdance il Musical, prodotto da Stage Entertainment Italia, arriva al Teatro Olimpico di Roma dal 13 aprile al 22 maggio 2011. Flashdance farà rivivere al pubblico le atmosfere degli anni '80 del film, regalando anche l'emozione e la magia dello spettacolo dal vivo; tutto questo grazie al fascino e al talento di un cast di altissimo livello che si cimenterà in numeri di danza mozzafiato e canzoni dal vivo. Nei due atti del musical si racconta la storia della giovane e determinatissima Alex Owens, interpretata per l’occasione da Marta Belloni e del suo sogno di essere ammessa alla prestigiosa Accademia di danza di Pittsburgh, in un mix di commedia, romanticismo, erotismo ma anche di nostalgia e suspense.Un successo, quello dei musical di Stage Entertainment, che non lascia spazio a discussioni: pur nella gravissima crisi che ha colpito pesantemente i teatri italiani, in testa alla classifica dei musical in scena in Italia (e in generale di tutti gli spettacoli teatrali in Italia) ci sono ''Mamma Mia!'', al primo posto e ''La bella e la bestia'' al secondo, entrambi produzioni Stage Entertainment. Flashdance arriva a Roma, oltre che con il suo mito, anche forte di 85 mila biglietti già venduti nella tournee fatta finora e con iniziative promozionali all'americana come quella che si è tenuta sabato 9 aprile a Piazza di Spagna: per festeggiare l'ultima tappa della tournee, Stage Entertainment Italia ha organizzato per l’occasione una grande coreografia di massa per tutti gli amanti del film cult degli anni '80 con la possibilità di unirsi al cast del musical e ballare sulle note della celebre canzone Maniac, candidata nel 1984 all'Oscar come miglior canzone originale.In molti hanno partecipato alla coreografia di gruppo, dopo aver imparato la semplice coreografia che era disponibile on line sulla pagina ufficiale Facebook di Flashdance (www.facebook.com/flashdanceilmusical) o sulla pagina Youtube dedicata al musical (www.youtube.com/watch?v=R5c1hT5-QkM). La febbre di Flashdance ha già contagiato centina di persone che si sono iscritte per il grande evento e non solo, cosa aspetti ad unirti a loro?!

ALESSANDRO PREZIOSI IN DOPPIO ASSOLUTO

Un'opera complessa nata dal talento e dalle inquietudini di Pasolini resa ancor più suggestiva dall'adattamento portato sul palco al Teatro Vascello. “La Divina Mimemis” è il filo conduttore che collega l'alta poesia nella storia, un progetto ambizioso che solo la mente di un grande come Pier Paolo Pasolini poteva pensare di realizzare. Proprio perché “grande”, Pasolini non credette mai di scrivere un'opera della portata della “Divina Commedia”, ma la scelse come sentiero per tracciare quello che lui stesso, con infinita umiltà, vedeva come l'Inferno moderno: un mondo appiattito dal grigiore del conformismo, il mondo degli spazi infinitamente grandi eppure dolorosamente stretti del neocapitalismo; una società che langue tra corruzione, perdita di senso, immobilismo. In questo Inferno si ritrovano tutti, egli stesso, che sente di aver perso quello “sguardo altro” capace di elevarlo al di sopra di questo mondo così imperfetto eppure unico. Un grande plauso ad Alessandro Preziosi. Un'ottima interpretazione, passionale, mai piatta, i toni giusti, l'intonazione perfetta. L'atmosfera creata dai sottofondi di Michele Rabbia è a dir poco surreale. Difatti chiamarla atmosfera è termine improprio: le melodie inedite che nascono dalle mani, dai piedi, dal petto, dalle ginocchia, dalle labbra del musicista sono attori o attrici a loro volta, inseparabili dal testo. Poesia è la prosa pasoliniana, poesia è musica, musica e poesia sono la voce di Preziosi e le mani di Michele. Tutto si fonde in un insieme armonico molto complesso, a volte addirittura straniante. È commovente il racconto di un Inferno in Terra affatto distante dal mondo, dal Paese, di oggi. Viene da chiedersi cosa avrebbe scritto Pasolini adesso, guardando quaggiù. Con tutta probabilità le sue parole non sarebbero state molto diverse. Le Fiere sarebbero ancora simboli per illusione, sonno, ferocia ed egoismo, lussuria. Uno spettacolo che non è dunque semplice omaggio al Poeta che ci ha lasciati, ma un faticoso percorso che si intraprende con tutti e cinque i sensi, grazie alla voce di un bravissimo Preziosi, le evoluzioni con i mille strumenti di Michele, le immagini scelte dallo stesso Pasolini, il retrogusto amaro dello sguardo al presente, il profumo della grande letteratura.

CANTICA


Quello che è in scena in questi giorni al Teatro Olimpico di Roma è uno spettacolo nuovo, diverso e assolutamente sorprendente. Dopo il successo dell’anno scorso con Inferno, ecco in scena Cantica II, liberamente tratto dalla Divina Commedia, la nuova creazione di Emiliano Pellisari, un incredibile viaggio nel mondo degli inferi interpretato sul palco da sei danzatori-acrobati che fluttuano nell’aria, volteggiano, rimbalzano in verticale, si lanciano nel vuoto e si intrecciano per creare figure o trasformarsi in simboli e in immagini spettacolari ispirate ai più famosi canti danteschi, recitate da una voce fuori campo. In questo incredibile spettacolo il disegno della luce, la musica e gli effetti speciali si coniugano con la danza, l’atletica circense e la mimica. Una performance dove reale e virtuale si mescolano in un caleidoscopio di immagini sorprendenti. Immagini straordinarie appaiono dal buio in una carrellata senza sosta di effetti. Se nell'Inferno i corpi nudi creavano l'architettura dello spazio ultramondano, protagonisti del Purgatorio sono costumi, tessuti e oggetti. I danzatori non sono più soli, corpi nudi isolati o in gruppo, ma agiscono nello spazio per mezzo di attrezzi di scena: sono corpi che operano in un mondo sofisticato ed elegante, creando atmosfere di grande suggestione. Nella “Seconda Cantica” si rappresenta l’ascesa spirituale dell’uomo, attraverso una serie di quadri allegorici, scanditi da una musica tratta dal repertorio classico intervallato da sonorità contemporanee. Lo spettacolo, quindi, è uno spazio teatrale dove si annulla la fisica della realtà e appare come in un sogno ad occhi aperti. Questa nuova rappresentazione dantesca è in piena sintonia con lo stile del suo creatore Emiliano Pellisari, conoscitore esperto del teatro fantastico del Rinascimento e delle invenzioni meccaniche seicentesche italiane. Il proposito è quello di indagare le immortali pagine del Sommo Poeta grazie ai trucchi della scenotecnica e del physical theatre, sfruttando le potenzialità del sistema “nogravity” che permette agli interpreti di librarsi nell’aria come fossero senza peso, con delle corde e delle imbracature particolari, non visibili ovviamente, celate anche da un telo presente sul palco per sottolineare ancora di più l’illusione. La complessità delle apparizioni che mette in scena non è il risultato di una struttura tecnologica, ma è studio sul movimento dei corpi con l’utilizzo di macchinerie teatrali che riscoprono antiche tradizioni, senza alcun elemento virtuale o tecnologico, ad eccezione delle luci.