martedì 30 marzo 2010

Maratona di Roma 2010


Photarts ha fotografato la maratona di Roma edizione 2010

Anche quest’anno, come le passate edizioni, un gran numero di partecipanti ha dato vita alla Maratona di Roma, nel tradizionale percorso di 42 km che si snoda verso il centro di Roma e non solo. Gli iscritti alla prova competitiva sono stati 15.346, il più alto di sempre per una prova italiana, provenienti da 83 nazioni inclusa l’Italia. Di questi, 8.834 sono gli italiani e 6.512 gli stranieri; 12.674 sono uomini e 2.672 donne. Roma (inclusa la provincia) è la città che ha avuto il più alto numero di atleti al via, 2320, così come il Lazio con 2778 iscritti è stata la regione più rappresentata. La seconda città per numero di iscritti è Napoli con 287, mentre la Lombardia rimane la seconda regione con 785 partecipanti. L’edizione di quest’anno, a 50 anni dai Giochi olimpici di Roma 1960 è dedicata al ricordo del leggendario maratoneta etiope Abebe Bikila, vincitore, a piedi scalzi, della maratona olimpica con la migliore prestazione mondiale. Sulle pettorine degli atleti e sui materiali ufficiali era riportata la frase “Abebe the Legend”, e il numero 11, lo stesso che portò al trionfo l’atleta etiope. Il pettorale originale, che apparteneva proprio all’atleta, è stato ritirato e consegnato al Sindaco di Roma per essere custodito in Campidoglio.

Abbinata alla prova competitiva si è svolta anche la mini maratona non competitiva aperta a tutti, “RomaFun-La Stracittadina”, di 4 chilometri con una partecipazione anche qui incredibile, con un numero di circa 80.000 partecipanti tra cittadini, associazioni benefiche, scout e allievi di scuole della capitale e volontari di varie onlus. I primi a partire sono stati gli atleti diversamente abili con le loro hand-bike tra cui Alex Zanardi, seguiti dagli atleti.

Il Via alla partenza è stato dato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dal presidente della Provincia Nicola Zingaretti, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport on. Rocco Crimi e dal presidente della Maratona di Roma Enrico Castrucci. A trionfare è stato il 25enne etiope Siraj Gena (con un tempo di 2h08'39") che, in onore proprio di Bikila, qualche metro prima del traguardo si è tolto le scarpe, concludendo anche lui la maratona a piedi scalzi, portando così a casa, oltre ai 15.000 euro spettanti di diritto al vincitore, i 5000 euro di bonus messi in palio per chi avesse battuto, sempre senza scarpe, il tempo di Abebe del 1960. Dopo il 30° km Gena è andato in fuga insieme al keniano Benson Barus, il grande favorito della corsa, staccandolo poi al 37° km. Terzo il keniano Nixon Machichim. in 2h09’08”.
Strepitosa anche la prestazione di Alex Zanardi, che ha dominato la gara per hand-bike con il tempo di 1h15’53”, migliorando anche il primato del percorso, superando anche le difficoltà dei sampietrini, ostacolo non difficile per gli atleti diversamente abili. Il podio femminile, invece, aveva tutti i colori dell’Etiopia, vedendo il trionfo al primo posto, per la seconda volta consecutiva, Firehiwot Dado Tufa, con il tempo di 2h25’28”. Dietro di lei le connazionali Kebebush Haile e Mare Dibaba.
articolo di Monica Cavallin per www.redazioneitalia.it

lunedì 15 marzo 2010

PHOTARTS ha fotografato per voi Claudio Santamaria


Buio... rumore di pioggia incessante... una scenografia pressoché spoglia, allestita solo con sabbia, sassi e qualche pietra qua e là. Luce... c'è un uomo da solo in scena, vestito solo con un paio di pantaloni e un vecchio cappotto: è Claudio Santamaria, in un ruolo in cui non siamo abituati davvero a vederlo. Il suo nome si associa a personaggi cinematografici, come Dandi di "Romanzo criminale" o Rino Gaetano dell'omonima fiction televisiva, o da ultimo a Paolo, il depresso e difficile personaggio dell'ultimo film di Gabriele Muccino tutt'ora nelle sale cinematografiche. In questa occasione si cimenta addirittura in un monologo, difficilissima prova d'attore, superandola a pieni voti.

L'opera rappresentata è "La notte poco prima della foresta" di Bernard-Marie Koltes con la regia del colombiano Diego Puerta Lopez. Lo spettacolo è, appunto, un monologo senza respiro, è un'unica frase, un fiume dirompente di parole; è la storia di un uomo che parla, urla e si sfoga con un ipotetico sconosciuto, abbordato per strada in una notte di solitudine, chiedendo ospitalità per "una notte, per una sola notte o per una parte di questa notte". La notte è buia, il protagonista si ritrova sotto una pioggia incessante che annebbia i contorni e che rende spasmodica e convulsa la sequenza dei ricordi. "È un testo meraviglioso - racconta Claudio Santamaria - appena l'ho letto me ne sono innamorato, proprio perché ha una scrittura contemporanea molto forte, e mi ha permesso di esplorare tutte le corde, sia emotive che fisiche, da tirare e suonare forte". L'attore dimostra, in questi 75 minuti senza pausa, le sue ottime doti recitative, lasciandosi ascoltare ed emozionandoci per questa incredibile forza che esprime, fisica e interpretativa, lasciandoci davvero senza parole, facendo trasparire le emozioni forti di questo personaggio, a volte rabbioso contro quello che lui giudica "il nemico", che lotta e urla contro le difficoltà per chi si sente straniero, diverso ed esiliato in una terra sconosciuta, ma anche trasmettendo dolcezza per il ricordo di una mamma ormai lontana. Si perde, in questa buia notte di vagabondaggio, alla ricerca ossessiva di compagnia e di una camera, facendo fluire parole su parole senza punteggiatura, senza senso a volte, ma cariche di rabbia e dolore.

Santamaria confessa di essere tornato con grande piacere sulle scene teatrali dopo sei anni di assenza (l'ultimo spettacolo era stato "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare), di non aver mai dimenticato quella che lui stesso definisce la sua prima grande passione, e di aver quasi bisogno di questo rapporto vivo col pubblico, come se fosse un rituale del quale non può fare a meno.

Racconta anche quanto è stato difficile preparare questo pezzo: "È un pezzo duro, che non ti permette di decidere nulla, bisogna solo buttarsi nel testo, facendolo entrare nel sangue, nelle ossa, nei muscoli, per cercare di farlo proprio e interpretarlo al meglio", ma proprio per questo, dice, sarà diverso ogni sera.

La foresta del titolo è quella ipotetica del Nicaragua, dove c'è un generale con un piccolo esercito che la circonda e che spara a qualsiasi cosa si muova.

Ma la foresta, nel suo pieno significato simbolico, altro non è che la fine, la morte, intesa come liberazione da questo mondo tragico e sofferente che vive intorno al nostro protagonista, nella mente, nel corpo, nei suoi gesti e nelle sue parole, rese davvero bene da questo bravo attore.

Articolo di Monica Cavallin
Foto di Fabio Gatto

mercoledì 3 marzo 2010

Fabio Gatto ha fotografato Leonardo Di Caprio


Ecco il nuovo film di Leonardo di Caprio, SHUTTER ISLAND dalla recensione di Monica Cavallin e foto di Fabio Gatto Art director di PHOTARTS!

Di nuovo insieme, dopo Gangs of New York, The Aviator e The Departed, Leonardo Di Caprio e Martin Scorsese hanno presentato a Roma il thriller psicologico "Shutter Island", che verrà presentato alla Berlinale il 13 febbraio mentre arriverà nelle sale italiane il 5 marzo. Secondo Di Caprio questo è senza dubbio il ruolo più complesso, violento e difficile che abbia interpretato ma è forse il più riuscito della sua carriera. Tratto dal best-seller di Dennis Lehane, è la storia ossessiva, misteriosa e ricca di suspense psicologica ambientata interamente in un isola-fortezza che ospita un manicomio criminale. Siamo nel 1954, all’apice della Guerra Fredda, quando il capo della polizia locale Teddy Daniels (interpretato appunto da Leonardo Di Caprio) e il suo nuovo partner Chuck Aule (Mark Ruffalo) vengono convocati a Shutter Island per indagare sull’inverosimile scomparsa di una pluriomicida che sarebbe riuscita a fuggire da una cella blindata dell’impenetrabile ospedale di Ashecliffe.
Circondati da psichiatri inquisitori e da pazienti psicopatici e pericolosi confinati sull’isola remota e battuta dal vento, i due poliziotti si trovano immersi in un’atmosfera imprevedibile dove nulla è come appare. Con un uragano in arrivo, le indagini procedono velocemente: man mano che la tempesta si avvicina, i sospetti ed i misteri si moltiplicano e diventano sempre più terrorizzanti e terrificanti con l’emergere di oscuri complotti, sordidi esperimenti medici, lavaggi del cervello, reparti segreti, e un accenno a eventi soprannaturali. Muovendosi tra le ombre dell’ospedale e perseguitato dalle nefande imprese commesse dai suoi sfuggenti inquilini e dai programmi oscuri dei geniali medici, Teddy comincia a rendersi conto che più andrà a fondo nell’indagine e più sarà costretto a confrontarsi con alcune delle sue paure più profonde e devastanti. E capirà anche che rischia di non uscire vivo dall’isola.