martedì 2 novembre 2010

San Salvatore alle Coppelle - Una buca per le denunce


Una curiosa targa, corredata di buca per inserire i messaggi, si trova sul fianco sinistro della chiesa di San Salvatore alle Coppelle. Tanto per cambiare la targa è molto deteriorata e basta osservare la foto per vedere che il degrado aumenta ogni giorno. Ma siamo alle solite: l’incuria della gente, l’inesistenza dei controlli e la totale assenza delle istituzioni stanno cancellando il ricordo visivo di un pezzo di storia della nostra città.

In vista del Giubileo del 1750 era grande la preoccupazione che si potessero verificare casi di malattia tra la moltitudine dei pellegrini che sarebbero venuti a Roma. E allora il Cardinal Vicario Guadagni, sulla base di un editto emanato il 17 dicembre 1749, pensò bene di far predisporre una buca sul fianco sinistro della chiesa di San Salvatore alle Coppelle facendo incidere anche un’epigrafe nella quale era ricordato l’obbligo imposto ad albergatori e locandieri di denunciare tutti quelli che si ammalavano alla confraternita della Divina Perseveranza. L’obbligo di denuncia fu imposto agli albergatori sin dall’istituzione della Confraternita nel 1663 e fu più volte rinnovato dai vari pontefici succedutisi nel corso degli anni ma era molto spesso disatteso a causa dell’insufficiente sanzione penale, solo sei scudi di multa che gli albergatori potevano facilmente pagare “appropriandosi gli oggetti lasciati dagli altri che muoiono”.

Ma perché questa buca fu posta proprio e solo sul fianco di questa chiesa e non anche in altre chiese? Presto detto: in questa chiesa aveva la sede la Confraternita delle Divina Perseveranza. Questa Confraternita aveva lo scopo dl accompagnare il Santissimo Sacramento quando veniva portato ai malati e in particolar modo di assistere i forestieri che si ammalavano nelle locande e negli alberghi. I confratelli dovevano visitare giornalmente i malati e informarsi sulla natura della malattia e sulle loro necessità, fare l’inventario delle loro cose e averne cura, trasferirli negli ospedali, fornire loro tutti i conforti religiosi; in caso di morte dovevano fare in modo che fosse data cristiana sepoltura e che fossero avvisati i parenti a cui si dovevano consegnare tutti gli avere del defunto. L’opera della Confraternita era considerata “di molto buon esempio nella città e di grande edificazione nei paesi lontani, ai quali si estende così pietosa la romana umanità”.

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