GIANNI BERENDO GARDIN
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1930. È la seconda guerra mondiale che lo conduce verso la fotografia. Il suo inizio è un atto di sfida verso l'occupazione tedesca che, nell'Italia del '43, obbligava a consegnare alle questure, non solo le armi tenute nelle case, ma anche le macchine fotografiche. Lui, tredicenne, in un moto di ribellione adolescenziale, invece di far consegnare la macchina decise di andare in giro a fare foto. Uno zio ebreo, che viveva negli Stati Uniti, molto amico di Cornell Capa (figlio di Robert Capa) gli inviò un libro della Farm Security Administration (FSA). Era un reportage fotografico (tra il 1935 e il 1944), ben distante dal reportage ancora provinciale dei quotidiani italiani, che aveva l’obiettivo di testimoniare la situazione sociale ed economica degli agricoltori americani. Vi erano fotografie di Paul Carter, John Collier Jr, Jack Delano, Walker Evans, Dorothea Lange. Sono state le loro immagini a formare l’occhio di Berengo Gardin. Per caso, quando mostrò le sue foto a un amico in un bar, il redattore capo del giornale Il Borghese lo notò e gli comprò tutte le foto. Ma, se quello fu il primo "contatto", la sua carriera iniziò anni dopo.
Gli fecero da maestro le immagini dei reporter americani di Life, le stesse esperienze della Farm Security Society. Arriva a Parigi nel 1953, attratto dalle bellezze artistiche della capitale ma soprattutto dai grandi nomi della fotografia che quella città accoglieva. Resta nella capitale francese due anni, riprende ogni cosa con lo stile asciutto del reporter e senza nessuna traccia di edonismo, facendo sua la lezione dei professionisti d’oltralpe. A Parigi apprezzò Bresson, ed in generale tutti i fotografi della Magnum, e fece suo l'utilizzo del piccolo formato (Leica 35mm) per la semplicità e immediatezza d'uso.
Negli anni del Dopoguerra si trasferisce così a Venezia, dove entra a far parte del circolo fotografico La Gondola, fondato e diretto da Paolo Monti e, su invito di Italo Zannier, del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia. Del 1962 sono i suoi primi lavori come professionista, con i quali, abbandonato ogni interesse per la "mondanità" della fotografia di moda e pubblicitaria, si dedica definitivamente al reportage, all'indagine sociale, alla documentazione e descrizione dell'ambiente.
Grazie ai numerosi volumi per il Touring Club Italiano e per l'Istituto Geografico De Agostini, documenta gran parte delle regioni e delle città italiane e diversi paesi europei.
Racconta con fedeltà e senza mai peccare di presunzione.
Le sue composizioni del reportages in Sardegna assecondano l’andamento della terra e i gesti dei pastori, mentre le sue visioni ci restituiscono l’altra faccia della verità sociale del tempo.
Immagini di un’isola sospesa nel tempo, sguardi in bianco e nero tra realtà e memoria.
Artisticamente nato nel momento neorealista, influenzato dal realismo americano, partecipe all'evoluzione visiva della cultura fotografica di mezzo secolo, Berengo Gardin si può iscrivere nel registro di quegli autori che hanno elaborato una fotografia capace di essere notizia e ricerca, documento ed arte, strumento di analisi sociale e storica. È lui ad essere, ancora oggi, tra i fotografi italiani più conosciuti al mondo.
Con oltre cinquanta mostre personali e un centinaio di volumi pubblicati, Gianni Berengo Gardin è ormai una delle maggiori personalità della fotografia internazionale. La qualità del suo lavoro ha ottenuto i riconoscimenti della critica più prestigiosa. E' stato infatti citato, unico fotografo, da E. G. Gombrich nel suo libro The image and the Eye (Oxford 1982) e da Italo Zannier nella sua Storia della fotografia italiana (Bari 1987) come "il fotografo più ragguardevole del dopoguerra". Cecil Beaton lo ha incluso nella mostra da lui organizzata nel 1975, dedicata ai geni della fotografia dal 1839 ad oggi. Nel corso degli anni collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali (Domus, Epoca, L'Espresso, Time, Stern, Harper's Bazaar, Vogue, Du, Le Figaro ecc.).
Il suo modo caratteristico di fotografare, il suo occhio attento al mondo e alle diverse realtà, dall'architettura al paesaggio, alla vita quotidiana, gli hanno decretato il successo internazionale e lo rendono un fotografo molto richiesto anche nel mercato della comunicazione d'immagine. Molte delle più incisive fotografie pubblicitarie utilizzate negli ultimi cinquant'anni provengono dal suo archivio. Procter&Gamble e Olivetti più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine.
Gianni Berengo Gardin ha pubblicato oltre 150 libri di fotografia ed esposto le sue foto in centinaia di mostre che hanno celebrato il suo lavoro e la sua creatività in diverse parti del mondo: il Museum of Modern Art di New York, la George Eastman House di Rochester, la Biblioteca Nazionale di Parigi, gli Incontri Internazionali di Arles, il Mois de la Photo di Parigi, le Gallerie FNAC. Nel 1991 una sua importante retrospettiva è stata ospitata dal Museo dell'Elysée a Lausanne, e nel 1994 le sue foto sono state incluse nella mostra dedicata all'Arte Italiana al Guggenheim Museum di New York. Ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia, ha ricevuto l'Oskar Barnack-Camera Group Award. Nel luglio del 2005, in occasione a Milano dell’inaugurazione di FORMA, un spazio internazionale interamente dedicato alla fotografia, Gianni Berengo Gardin è stato scelto come autore per la mostra inaugurale con un’antologica sulla sua opera.
Il 18 ottobre 2008 gli è stato assegnato il premio Lucie Award alla carriera, quale massimo riconoscimento per i suoi meriti fotografici, mentre una personale in suo onore è stata allestita nell'autunno dello stesso anno a Palazzo Pichi Sforza di Sansepolcro (AR). Di notevole spessore i suoi scatti nello studio bolognese di Via Fondazza del pittore ed incisore Giorgio Morandi, ripubblicati in una raccolta uscita nel Gennaio 2009 a cura della casa editrice Charta. A Maggio 2009 all’Università Statale di Milano gli è stata conferita la Laurea honoris causa in Storia e Critica dell’Arte.
Ricordiamo che negli eventi del CCI è segnalata una mostra a lui dedicata, qui il link
Egli afferma che non smetterebbe mai di fare il fotografo per nessuna ragione al mondo. Perché crede di avercela nel sangue, la fotografia. Gli piace molto anche il rapporto con la terra. Zappare la terra, lavorarla e prendersene cura con lavori manuali. Forse perché incomincia ad essere non più tanto giovane e così gli piace fare quelle cose che prima ha trascurato. Qualche volta si domanda se non ho sbagliato tutto nella vita.
“Oggi abbiamo tutti la mania di voler accelerare la nostra vita, correndo dietro a mille cose, e perdendo il senso della pacatezza e della ponderazione”
fonti dalla rete:
wikipedia - museofotgrafia.it