lunedì 21 novembre 2011

TANGO NUDO

Il tango non è un ballo. Il tango è un modo di sentire, di muoversi. Il tango è sinonimo di passione, intensità. È un’intima comunicazione tra i corpi, fatta di respiri, palpitazioni, emozioni. È la rappresentazione di una terra, espressione popolare inscindibile dal luogo in cui è nato. Il tango è anche un ballo. Indimenticabile Gardel, con la sua “Por una cabeza”, colonna sonora di alcune memorabili scene del cinema: il meraviglioso Al Pacino in “Scent of a woman”o “Shlinder’s List”.La compagnia Khorakhanè - espressione Rom che vuol dire “a forza di essere vento” ma che è anche una bellissima canzone di De Andrè - porta in scena al Teatro Vascello di Roma, il 29 e 30 ottobre, la sua personale visione del tango nello spettacolo “Tango Nudo. Partenza dal binario 3”. Le coreografie di Luciano Firi, sulle musiche di Kutango, Gardel, Astor Piazzolla, Gotan Project e Tanghetto, attraversano i temi della passione, del desiderio, dell’eros, della partenza, della paura dell’ignoto. I quadri che compongono lo spettacolo fanno riferimento agli anni ‘40, ai viaggi della speranza verso l’Argentina, alle incognite, agli entusiasmi e alle paure. “Tango nudo”, che non ha alcun riferimento alle nudità, più o meno auspicabili, dei ballerini, è un tango spogliato dagli orpelli folkloristici, dai cliché, dai topos del tango argentino, mantenendo la passionalità e l’intensità del ballo. La volontà di denudare il tango dalle sue caratteristiche più stereotipate si spinge fino alla rimodulazione del rapporto tra uomo e donna e a un (voluto) squilibrio tra i ruoli. Ad una figura femminile estremamente appassionata, seducente, carica di pathos, si accompagna un maschio depredato del suo lato più aggressivo, mascolino, virile. Sono le donne le protagoniste qui, fuor di dubbio, solide e provocanti, civettuole e maliziose, che danno vita ai sogni e all’immaginazione, perché non è la realtà che lo spettacolo mette in scena, ma un viaggio onirico, semicosciente, verso l’interno. I ruoli, dicevamo, sembrano essere sempre meno definiti, sempre più sfumati. L’uomo che schiaffeggia la donna e la riprende a sé con forza lascia presto il posto ad un uomo meno sicuro di fronte alle movenze femminili. I corpi danzano, si sfiorano, si cercano e rifuggono. Si parte, ci si incrocia vagamente dopo aver condiviso un abbraccio appassionato. Due uomini, prima si cercano freneticamente, esprimono il loro desiderio con il contatto, con gli sguardi, con braccia che tagliano, delineano, riempiono l’aria. Gli stessi uomini che poco dopo si contendono una donna, l’idea di una donna che poi scompare. E ancora la stessa donna, che sinuosa cerca un’altra donna, la afferra, poi si ritrae, la bacia. E ritornano le valige, gli incroci di vite, le attese sulle panchine. Aspettando la partenza, dal binario 3.

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