domenica 13 novembre 2011

MISTERO BUFFO CON PAOLO ROSSI

Omaggio all’amico e maestro Dario Fo, con il quale ha debuttato nel 1978 in “Histoire du Soldat”, il celebre comico si pone all’interno dello spettacolo diverse domande: se Gesù tornasse oggi, in Italia, come verrebbe accolto? Saremmo in grado di comprenderlo e seguire i suoi insegnamenti? Una prospettiva laica delle Sacre Scritture ma allo stesso tempo rispettosa, che vede protagonisti sul palco Rossi, il musicista-attore Emanuele Dell’Aquila, l’attrice Lucia Vasini e il manichino Goran, simbolo della clandestinità e dello sfruttamento nel nostro Paese. Perché anche Gesù era un clandestino, ed è stato perseguitato e poi giustiziato prima d’esser venerato. Nonostante i difficili temi affrontati, lo spettacolo provoca già dal primo secondo risate incontenibili: a partire dall’ingresso di Rossi e Dell’Aquila vestiti da frati, rispettivamente Fra Inteso e Fra Stornato, seguirà una storia tragi-comica sulle ingiustizie medievali viste dagli occhi di un giullare, ex contadino con un passato pieno di disgrazie al quale Cristo ha fatto il dono più grande, quello della risata. Una storia su come si diventa un comico, su come era “davvero” la Sacra Famiglia e sul personaggio di San Giuseppe (“Dimmelo ancora, Maria, che voglio sentirmi più tranquillo: hai visto una grande luce, e poi?”). Una serie di metafore e allegorie dove la finzione s’intreccia con la realtà, il passato con le vicende di cronaca del presente, in un momento come il nostro dove fatichiamo a comprendere cosa sia vero e cosa no, cosa faccia più ridere tra le battute dei comici e le promesse istituzionali. Come nel 1969 con il Mistero Buffo di Dario Fo (rappresentato per la prima volta in un garage milanese), anche oggi l’obiettivo dello spettacolo è di tipo politico: non siamo certo negli anni della contestazione, degli inizi degli anni di piombo e della guerra nel Vietnam, ma viviamo in un’epoca in cui difendere i valori significa sopravvivere, in cui gli studenti manifestano per il proprio futuro e in cui la guerra è diventata non un ‘avvenimento storico e concreto, ma qualcosa di più intrinseco e intimo che ormai ci appartiene .Un’occasione per ridere, per rilassarsi e divertirsi (che non s’interrompe neanche nell’intervallo tra primo e secondo tempo), ma anche per riflettere, per comprendere gli errori del passato e impedirne il ritorno e, perché no, per trovare individualmente un mistero buffo in qualche remoto angolo della strada o della nostra vita su cui meditare.Lo spettacolo finisce con la “preghiera laica del comico”, un ringraziamento-critica a Dio su tutto quello che ancora c’è da fare e da cambiare nell’uomo. E la richiesta di un favore, di tipo personale: “Signore, salutami il dottor Monicelli, se lo incontri”.


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